Il ditirambo I giovani o Teseo racconta un episodio della vita di Tèseo.
 
Sinossi
Atene era obbligata, come pena della morte del figlio di Minosse, ad inviare ogni anno a Creta sette giovani e sette ragazze perché fossero dati, secondo la versione di Plutarco, in pasto al Minotauro nel labirinto. Secondo la versione di Filicoro i giovani sarebbero stati assegnati come premio per l’agone ginnico istituito da Minosse in onore di suo figlio Androgeo e quindi destinati (secondo Aristotele) ad invecchiare come schiavi. Minosse, figlio di Europa e del Cronide Zeus,  si recò ad Atene per scegliere personalmente le vittime sacrificali e Teseo si imbarcò con loro con l'intenzione di far cessare questo tributo.
Durante il viaggio, Minosse fu attratto dalla bellezza di Eribea, una delle ragazze, e la molestò con la mano. Teseo, figlio di Etra e del Cronide Poseidone, lo rimproverò rivendicando il diritto a parlare in quanto se Minosse è figlio di Zeus egli è figlio del dio del mare. Ma, Minosse rispose con arroganza e chiese a suo padre di approvare quanto andava dicendo attraverso una saetta. Cosa  che accadde e che alimentò l'arroganza di Minosse, tanto da sfidare Teseo a recuperare un anello buttato in mare, la qualcosa avrebbe dimostrato la sua discendenza da Poseidone.
Teseo immediatamente si buttò in mare, nello sconforto dei giovani che temevano la sua morte. Anche Minosse fu certo che sarebbe morto, tanto che fece riprendere la navigazione.  Ma, i delfini aiutarono Teseo e lo portarono alla casa del padre.
Qui incontrò le Nereidi spendenti e danzanti, vide Anfitrite, sposa del padre, che gli fece dono di un mantello porpora e di un diadema, regalo di Afrodite per le sue nozze.
Quindi, dopo aver soggiornato brevemente, riemerse nei pressi della nave portando l'anello. Minosse ne restò turbato sia perché Teseo era asciutto, sia per i regali divini sia per i canti lieti delle Nereidi che facevano risuonare nel mare.
Teseo, così, dette dimostrazione della sua appartenenza alla stirpe divina.


Traduzione di  Daniele Ventre

Ditirambo III
Ode 17

I Giovani o Teseo
Per i Cei a Delo

 

 

La nave scura di prua portava
Tèseo e insieme a lui due volte sette splendidi
figli di Ioni,
e fendeva il mare di Creta;
soffi di Bòrea nella vela candida
precipitavano,
su impulso di Atena chiara, scuoti-egida;
a Minosse il cuore punsero
bei doni di Cipride,
dea dall’aureo diadema:
non astenne più la sua mano
da una fanciulla,
toccò le sue guance candide,
e gridò Eribea, la figlia
di Pandíone cinto
di bronzo: lo vide Tèseo,
e torse l’occhio
sotto il nero ciglio e dolore
aspro lo graffiò nel cuore,
disse: “Figlio del sommo Zeus,
tu l’animo dentro il petto
non più lo governi
puro: frena, eroe, l’altera violenza.

Cenno dai numi che esprima Moira
sovrana di tutto, peso che Giustizia
bilanci, fato
fissato, noi lo compiremo,
quando verrà: tu frena il greve intento.
Se proba figlia
di Fenice, lei nome dolce, unitasi
in letto a Zeus a pie’ di Ida,
ha avuto te, sommo
fra i mortali, ebbe me
la figlia di Pitteo opulento,
a Poseidone
equoreo unita e le diedero
aureo velo le Nereidi
trecce di viola,
Perciò, condottiero di Cnosso,
ti invito a spegnere
piangevole arroganza: amata
luce d’immortale aurora
non vorrei vederla, se violi
suo malgrado uno dei giovani:
prima mostreremo
forza di braccia: il poi lo vedrà un dio”
.


Disse l’eroe forte di lancia:
l’altera audacia
dell’uomo stupì
i marinai: il genero del Sole ebbe collera
in cuore e tessé trama
scaltra, esordì: “Possente padre
Zeus, ascolta, se una sposa fenicia
bianca di braccia da te mi ebbe,
manda ora dal cielo un rapido
lampo, arsa chioma, limpido
segnale; ah, Tèseo,
se te a Poseidone
scuoti-terra diede la trezenia
Etra, dal profondo
mare portami
quest’aureo ornamento della mano
,
offri il corpo alle case del padre
con audacia. Vedrai
se il re di tutti
Cronio, il tonante, ode i mei voti
.

Lo udì il perfetto voto, il possente
Zeus, e per Minosse, per quel caro figlio,
seminò massimo
onore, da renderlo illustre,
e lampeggiò: scorto il bramato segno,
le mani aprì all’etere
glorioso, quell’eroe furia di guerra,
e disse: “Tèseo, osserva i doni
di Zeus per me, nitidi;
tu lanciati nel pelago
cupo fremente: Poseidone
tuo padre, Cronide
re, sulla terra selvosa
ti porgerà somma gloria”
.

Disse. Ma a Tèseo
non si piegò il cuore, sorse
sui saldi banchi
e si tuffò, lo ricevé
il sacro recinto equoreo.
Stupì il figlio di Zeus, nel cuore
profondo, ordinò di reggere
col vento il dedaleo
vascello: ma compì Moira altro viaggio.

Lo scafo andava con rapido impeto
lo spinse soffio di Bòrea, spirò forte:
tremò la schiera
di giovani ateniesi, quando
balzò in mare l’eroe, dagli occhi puri
versavano lacrime
e si aspettavano un destino greve.
Delfini, abitanti del mare,
svelti conducevano
Tesèo a casa del padre
dio dei cavalli. Alla dimora
degli dèi giunse.
Là vide le chiare figlie
di Nèreo lieto, e tremò:
dalle membra fulgide
brillava lume di fiamma,
nastri aurei intrecci
cingevano le chiome. A danza,
coi piedi teneri allietavano
il cuore. Vide anche la sposa
del padre, augusta, occhi-bovini,
nelle case amabili,
Anfintrite, che lo ammantò di porpora,

gli pose sulle folte chiome
perfetto un serto,
che un tempo alle nozze
le diede Afrodite rose-ombrata, subdola.
Nulla che numi vogliano,
ai mortali saggi è incredibile:
presso la nave agile prora apparve:
ah, in che pensieri colse il principe
Cnossio, quando balzò incolume
dal mare, meraviglia
per tutti, i doni
degli dèi splendevano
sulle sue membra, di nuova gioia
le fanciulle in chiare vesti
grida alzarono,
gridò il mare, peana cantarono,
accanto, con dolce voce, i giovani.
Delio, godi in cuore
dei cori cei,
concedi divina sorte di grazie.

 

 

 

 

Bacchilide
490 a.c. ~

 


Parte della traduzione di Dario del Corno

 

[...]
e disse “Potente Zeus
padre, ascolta: se a te la sposa
fenicia dalle candide braccia mi generò,
ora manda dal cielo veemente
il fulmine con la sua criniera di fuoco,
certissimo segno; e se tu, Teseo,
nascesti a Poseidon signore dei terremoti
da Etra di Trezene,
quest’aureo fulgente
ornamento della mano
riporta dagli abissi del mare,
calandoti arditamente nella casa di tuo padre.
Vedrai se il Cronide
ascolta la mia preghiera,
il signore del mondo che regna sul tuono".

Udì l’irreprensibile voto Zeus onnipotente,
e suscitò a Minosse onore
sublime, che tutti riconoscessero
al figlio amato;
e scagliò il fulmine. Ed egli vedendo 
il prodigio ambito dall’animo tese la mano
verso il cielo radioso, l’eroe forte nelle battaglie,
e disse: “Teseo, questo dono
di Zeus tu vedi, che è chiaro:
lanciati dunque nel mare,
tra le onde che fremono: il padre
Cronide, Poseidon signore, ti compirà
gloria eccelsa
sulla terra feconda di alberi.”

Così disse: ed a lui non si piegò
l’animo, ma salito sul fianco
solido della nave
si tuffò, e lo accolse
propizio la foresta del mare.
Restò attonito nel profondo del cuore il figlio
di Zeus, e diede ordine di affidare
al vento la nave robusta:
ma altro percorso compiva il destino.

Correva la nave veloce, sospinta
dal soffio robusto di Borea.
Tremarono i giovani – 
Di Atene, allorchè l’eroe
si fu lanciato nel mare,
e dagli occhi di giglio versavano
pianto, aspettando la sorte crudele;
ma i delfini abitanti dei flutti
rapidamente portarono il grande Teseo
alla casa del padre, dio dei cavalli,
ed egli entrò nella sala
dove stanno gli dèi. Timore lo prese 
al vedere le Ninfe, figlie
di Nereo signore: poiché dagli splendidi 
corpi riluceva un fulgore
come di fiamma, e intorno alle chiome
fluttuavano bende
intrecciate d’oro; e danzando con agili
piedi allietavano il cuore.
E vide la cara sposa del padre,
la veneranda Anfitrite dagli occhi fondi
nella dimora mirabile.
Essa lo avvolse in un manto di porpora,

e pose sulle chiome ricciute
una corona stupenda,
fitta di rose, che allora nel giorno di nozze
le diede Afrodite, la dea che ammalia d’amore.
Nulla che vogliano gli dèi
è incredibile agli uomini che usano ragione!
Presso la nave veloce apparve: ah,
in quale sgomento precipitò
il guerriero di Cnosso, allorchè
sorse asciutto dal mare,
stupore per tutti, e a lui lucevano
intorno alle membra i doni divini,
e le vergini dai fulgidi troni
di nuova allegrezza 
lanciarono un grido, ed echeggiò
il mare! E di risposta i giovani compagni
cantarono il peana con limpida voce.
Signore di Delo, ai cori di Ceo
gioisci nel cuore,
e assegna sorte divina di nobili eventi. 

 

 

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