Leggenda popolare trascritta da Nino Muccioli

Cola Pesce


Homme poisson in flickr

Era un mattino di maggio, il giorno delle rose, dell'anno 1140 d.c. Re Ruggero II, fermo sul suo cavallo, contemplava la città di Messina e tutto lo stretto dall’alto della punta del Faro.

Era la seconda volta che visitava la città, già l'anno precedente, aveva assistito alle sue magie. Non dimenticava la sua meraviglia quando dall’altra sponda dello stretto la Fata Morgana aveva espresso il suo potere usando il cielo come specchio che rifletteva la città, coi suoi palazzi, le sue piazze, i suoi giardini, le sue chiese e le sue genti...

Era un incanto? Era stregoneria? Era certamente una malia, che aveva lasciato un impronta indelebile nel suo cuore, cui si era aggiunta la meraviglia il giorno dopo nel vedere disegnarsi un arco in cielo rifulgente di sette colori che attraversava le due sponde dello stretto in un arcobaleno splendido. Sembrava che il vento intonasse musiche segrete al tripudio dei colori che si slanciavano in un’alta curva fra le due sponde.

Messina magica!


Madonna della Lettera - Porto di Messina

Era tornato adesso, per motivi politici ma soprattutto perché attratto dalla fama di un giovane pescatore, chiamato Cola Pesce, cui la fantasia popolare attribuiva pinne al posto delle braccia e branchie al posto dei polmoni, per la sua fama di nuotatore e di scrutatore degli abissi marini, dei quali Cola raccontava storie meravigliose.

 Re Ruggero, circondato dalla sua corte di cavalieri e di principesse (una in particolare giovane e bionda colpiva l’attenzione del popolo tutto intorno, per la sua bellezza chiara dagli occhi azzurri), interrogava Cola sulle sue esperienze nel mare. E Cola gli raccontava come lì sotto vivevano strane creature, e che un altro mondo, sottomarino, viveva a suo modo sotto il mare. E descriveva la vegetazione, le grotte strane e profonde, le rocce e i fiori e gli alberi del mare, dalle straordinarie e strane forme assieme alle creature che si muovevano, non meno meravigliose.

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A quel punto il re prese una coppa d’oro, la gettò nelle acque e disse a Cola Pesce di ripescarla. Il giovane non ci pensò su molto, si tuffò e la leggenda narra che per ore ed ore non riemerse, tanto che si temeva per la sua vita; ma infine venne su il sole, era al suo culmine, e la coppa brillò rifulgente tenuta in alto dal braccio del giovane sorridente.

- Raccontami Cola, che hai visto stavolta - chiese il re.

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Porto  Messina

E ancora Cola si tuffò. E le ore trascorsero lente, il sole tramontò e giunse la notte, una notte chiara, come spesso se ne vedono a Messina, le stelle nel cielo brillavano, era luna piena, il gran carro percorreva la sua strada, nel mezzo della via lattea e la stella Diana cantava alle sorelle i misteriosi racconti del cielo.
E la notte trascorse e fu l'alba, il sole apparve a ciglio di mare, e prima fu un puntino rosso e poi assunse le forme sinuose di una pagoda e dopo apparve in tutto il suo splendore. Ma Cola non apparve. Nè in quel giorno nè in un altro ancora, finché al terzo giorno...
Un immenso sospiro sembrò varcare le sponde dello stretto, la folla delle genti affacciate alla riva aveva visto emergere una testa bruna ed infine alto il braccio di Cola levarsi con la corona piena di diamanti che brillavano ai raggi del nuovo sole.
II re, impaziente, fece accostare la nave, e accolse a bordo Cola, che stremato della fatica si accasciò sulla tolda.

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Cola fissò negli occhi azzurri come il mare sereno la principessa e poi disse al re:
- Sire, se non tornerò e questa ferula e queste lenticchie torneranno a galla, vuol dire che sarò rimasto lì in fondo al mare, e se la ferula tornerà bruciata, sarà la prova che tu mi chiedi

Disse, e, dato un ultimo sguardo attorno spiccò un tuffo sino dentro il vortice di cui era emerso e disparve nell’acqua.

I giorni e le notti si alternarono in una vana attesa. Le folle si diradarono impegnate dalle loro faccende, anche il re atteso dai suoi importanti affari di governo doveva andare e non si decideva. Quando, ecco, un mattino apparvero vicino alla nave un pugno di lenticchie che galleggiavano su un’onda e la ferula che bruciava come una torcia ardente.

Le genti di Messina, quando la terra è scossa dai terremoti, dicono che Cola Pesce, è ancora lì nel fondo delle acque a sorreggere la colonna, a fare da guardia perché la Sicilia non sprofondi nelle acque, trastullandosi, nei momenti di riposo, coi suoi amici delfini, e col canto dolcissimo delle sirene.

 

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Leggende e racconti popolari in Sicilia
Nino Muccioli
N:C.E.
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Buddaci, pisci missinisi

 

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