Salvino Greco

Colapesce


Homme poisson - Allan Carrasco

Narrano le storie che verso l'anno 1230 viveva nella città di Messina un prodigioso pescatore bello e forte, di nome Cola, il quale aveva la capacità di nuotare come un delfino e di rimanere sott'acqua per molto tempo, quasi che in quell'elemento anch'egli divenisse pesce e con essi si fermasse a ragionare. Ed erano talmente grandi la sua abilità e la sua dimestichezza con il mare, che la gente gli aggiunse il nomignolo di Pesce. 
Colapesce, quindi, divenne il simbolo stesso delle profondità marine e le sue immersioni in acqua si protraevano per un tempo così lungo che aveva dell'incredibile. Era insomma una specie di sub d'apnea ante lítteram.

A lungo andare questa sua confidenza e dimestichezza con il mare, divenne così morbosa e frequente da togliergli dal cuore ogni altro sentimento, e Cola finì per dimenticare persino gli amici e la stessa famiglia dove si recava solo per dormire, con grande disappunto e sofferenza del padre e della madre che, esasperata da quel suo comportamento, una volta che non ne poté più, gli gridò dietro la seguente maledizione:
- Che tu, o Cola, possa davvero diventare un pesce!

Ma Cola, ormai, considerava il mare come la sua vera famiglia e in esso passava tutte le ore della giornata, nuotando e pescando, dimentico della terra e persino della voglia di amare e sposare una bella fanciulla del luogo, di nome Graziella, che di lui si era follemente innamorata.

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E la Principessina, aggiunse:
- O Cola! Anch'io voglio metterti alla prova... Getterò in mare questa cintura e se me la riporterai... io ti darò la mia mano da baciare!

E detto ciò il Re buttò in mare la coppa e la Principessina la cintura.
Cola non rispose. Con lo sguardo seguì il volo dei due oggetti, e com'essi scomparvero in mare, egli si tuffò. Sulla spiaggia non molto lontana si era intanto adunata una gran folla e tutti stavano in ansia e in silenzio, aspettando il suo riemergere. Poco dopo, nel punto in cui Cola era sparito, l'acqua tornò ad incresparsi e Cola riapparve con nella destra la coppa del Re e nella sinistra la cintura della Principessina.

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E la Principessina gettò in mare la sua collana. Cola non rispose. Salì sul bordo della murata e spiccò un gran salto, entrando a capofitto nel mare. La folla, dopo un urlo d'incoraggiamento, ristette in silenzio, in attesa ansiosa e pregando per la riuscita di quella prova quasi impossibile. I secondi trascorrevano lunghi, interminabili. Finalmente, in quel punto, le acque tornarono ad agitarsi e Cola riapparve tra il bianco spumeggiare delle crestine d'onda, tenendo in una mano la coppa del Re e nell'altra la collana della Principessina.

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- O Cola! - tornò a dire solenne e imperioso per la terza volta - Va'!... Corri nell'abisso che ti è più familiare d'ogni cosa... Ora io getterò qui la mia coppa, e se tu me la riporterai io ti farò barone e ti innalzerò al mio fianco!...

E la Principessina aggiunse:
- O Cola! Anch'io getterò qui il mio anello di zaffiri e brillanti, e se tu me lo riporterai - e la sua faccia divenne rossa di pudore - io sarò tua sposa!...

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Il tempo passò in fretta e subito si fece sera. Cola, detto Colapesce, non tornò più a galla:
- Questa volta il mare volle tenerlo per sé, per non dividerlo mai più - dissero - con l'esigente re Federico e la superba principessina sua figlia.

E la leggenda volle colorire la sua scomparsa in modo fantasioso, tramandandoci che Colapesce, giunto in fondo al mare, vide la colonna Peloro, quella sulla quale poggia la cuspide settentrionale della Sicilia, quasi in punto d'infrangersi.
Allora, temendo che la sua Messina potesse sprofondare da un momento all'altro, volle sostituirsi ad essa e corse a sorreggerla, per non farla spezzare del tutto. Qualche fonte dice, invece, che Cola vaga ancora disperato sul fondo del mare dello Stretto in cerca dell'anello della Principessa. Ma l'anello è troppo piccolo e il mare tanto grande...

 

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Miti e leggende di Sicilia
Salvino Greco
Dario Flaccovio Editore
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