 |
Pesci -
Altri Organi
|
Organi velenosi |

Gli organi veleniferi sono presenti in almeno quattro ordini di teleostei e sono
costituiti da ghiandole secretorie di veleno poste in
apposite scanalature accoppiate, vicine o intorno, a delle spine
affilate (a volte seghettate). Il complesso ghiandola spina è coperto
da una guaina tegumentaria.
Le spine velenose spesso sono in associazione con la prima pinna dorsale, ma si possono trovare
anche associate alle pinne pettorali, pelviche ed anali. Alcune specie,
possiedono spine opercolari velenose su entrambi
i lati della testa. Le razze sono invece caratterizzate
da spine velenose seghettate nella regione caudale. Il veleno in alcune
specie può essere rilasciato da barbigli o da zanne.
La disposizione delle spine e delle ghiandole velenifere si può
differenziare nelle varie specie.
Le ghiandole velenifere variano molto nelle dimensioni e nella morfologia. Generalmente sono composte da grandi
cellule ghiandolari circondate da cellule di supporto, che forniscono
stabilità alla ghiandola e la collegano al tessuto circostante.
Le tossine vengono accumulate nel citoplasma delle cellule.

Quando viene applicata una pressione meccanica all'apparato velenifero
si verifica la rottura della guaina tegumentaria e della della membrana plasmatica
della ghiandola, permettendo al veleno
di spostarsi
dalla base alla punta della spina canalicolata, che nel frattempo uscita
dalla guaina, e penetrare
nella ferita della vittima.
La membrana plasmatica, successivamente alla puntura viene ricostruita, grazie ad uno strato germinativo basale di cellule staminali. Anche tutto
l'apparato velenifero, ghiandola e spina compresa, viene successivamente rigenerato.
I veleni rilasciati possono essere di natura difensiva (quando devono
dissuadere eventuali predatori) o offensiva (quando devono predare.
Quelli difensivi nel tempo si sono evoluti per causare
dolore immediato e intenso al predatore, la
qualcosa permette alla preda di avere la possibilità di fuggire.
I veleni usati per la predazione si
sono evoluti per immobilizzare la preda, non disgiunta
dalla capacità di difendersi.
I pesci velenosi non hanno la muscolatura associata al loro apparato
velenifero e non sono in grado di controllare volontariamente il
rilascio del loro veleno. Comunque, questo meccanismo di
difesa ha permesso a molti pesci velenosi di adattarsi a uno stile di vita
sedentario, mimetizzandosi
sul fondale marino e ad erigere le spine velenose
quando percepiscono eventuali minacce.
Le tossine rilasciate da una puntura possono causare effetti neuromuscolari,
cardiovascolari, citotossici e nocitossici, che possono differenziarsi
tra specie dello stesso ordine o della stessa famiglia. In alcune
specie sono state trovate tossine con effetti insoliti e unici.
Gli effetti sull'uomo si manifestano
con una grande varietà di sintomi.
Il più comune è un dolore urente che può
irradiarsi lungo l'arto interessato e raggiungere i vasi linfatici.
Edema ed eritema sono abbastanza comuni e in alcuni casi possono formarsi vescicole attorno alla ferita.
I possibili sintomi sistemici derivanti
dalle punture includono ischemia, spasmi muscolari, necrosi tissutale, debolezza prolungata e nausea,
nonché paralisi dell'arto interessato, allucinazioni, perdita di
percezione, ipotensione, tachicardia e difficoltà respiratorie.
A volte la guarigione è lenta. L'entità del danno può
variare a seconda della specie interessata, del numero e della
profondità dei siti di avvelenamento e della reazione individuale ai
componenti del veleno.
I casi rari di morte si verificano entro alcune ore dalla puntura.
Il trattamento per l'avvelenamento è principalmente
indirizzato ad
alleviare il dolore intenso grazie all'immersione della zona
interessata in acqua calda (45–50 °C) per un periodo di
tempo necessario all'attenuazione del dolore. Nei casi in cui l'immersione in acqua calda non è
sufficiente, possono essere prescritti anche anestetici locali
ed altre cure mediche.

|