Colapisci
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L'uomo che diventa pesce per scelta o per
necessità -
Il tuffatore dello Stretto
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L'opinione del fotosub naturalista
Cari amici lettori, eccomi a raccontarvi delle mie esperienze da un diverso
punto di vista, quello del fotografo al lavoro…
Per
il fotografo naturalista, vero amante della vita nel mare e sulla terra, è la
conoscenza approfondita dell’ambiente, della flora e della fauna che in esso
vive, che fa la differenza nel risultato raggiunto. Nel caso del fotosub
naturalista, le immersioni continue, la conoscenza di quella biologia marina
vissuta, e non solo letta sui libri, la pratica di muoversi in determinati
ambienti e situazioni e la conoscenza di un minimo di etologia di ogni specie,
ovvero del comportamento di un pesce di fronte al fotografo, delle sue reazioni
e delle sue abitudini principali sono armi vincenti per puntare alla
realizzazione di immagini in un certo senso particolari, dove è la natura la
vera protagonista. |
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Il tuffatore
dello stretto alle prese con un bel pesce San Pietro. |
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Oggi, specie in Mediterraneo, la conoscenza dei siti più interessanti è
diventata il punto di partenza per il raggiungimento dello scopo, visto che
purtroppo si assiste a un progressivo impoverimento degli ambienti e ad una
graduale riduzione della biodiversità. |
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Un fotografo professionista, che per esempio lavora vendendo le proprie immagini a riviste di settore, dovrà combattere con realtà contorte, legate a contratti pubblicitari e a sistemi che, in un modo o nell’altro, penalizzano non solo il lavoro svolto ma anche il lettore della rivista, che si troverà a leggere articoli con foto non belle e contenuti frivoli, per un motivo ormai ben chiaro: testi e foto vengono pagati molto poco e il materiale fornito dai fotografi è spesso, di conseguenza, piuttosto scadente. Ma questa è una storia sulla quale è meglio non dilungarsi… |
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Tornando a noi, vediamo invece quali sono, più nel dettaglio, le qualità che deve affinare un fotografo subacqueo che vogliamo a tutti i costi definire “naturalista”. Forse basterebbe dire che funziona un po’ come sulla terraferma. Ci sono appassionati di caccia fotografica che passano mesi in natura con i loro potenti teleobbiettivi e ci sono cultori del paesaggio che visitano i luoghi centinaia di volte prima di vederli con la luce giusta per fare realizzare le immagini che cercano. Sott’acqua dovrebbe funzionare pressappoco così: chi ama la natura impara a conoscerla frequentandola, quindi immergendosi di continuo e imparando a familiarizzare con le attrezzature e il loro uso, in tutte le condizioni possibili. Ma ricordiamoci che non è un bravo fotografo solo colui che è padrone della tecnica di ripresa e/o profondo conoscitore dell’attrezzatura che usa, ma lo è chi, una volta presa confidenza con i propri strumenti di lavoro, li usa bene per il suo scopo. Si può imparare ad usare i pennelli e a mescolare i colori frequentando una scuola d’arte, ma non si sarà mai dei veri artisti se non ci sarà quel non so che di diverso che fa la differenza e che si chiama “gusto”, quel saper vedere le cose con occhi propri offrendo una interpretazione della realtà con un taglio del tutto personale e riconoscibile tra tanti. |
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Premesso tutto ciò, verifichiamo alcuni aspetti legati all’azione di ripresa
vera e propria. Fondamentale a tal proposito è la distinzione tra i diversi tipi
di attrezzature e, di conseguenza, i diversi modi di fotografare.
La
verità è che l’uso di una Nikonos, con il vecchio mirino galileiano e la
necessità di stimare ad occhio le distanze, diventa difficile da usare al
cospetto degli automatismi e delle ampie possibilità offerte dalle macchine
terrestri scafandrate. Tra l’altro la delicatezza di una Nikonos, facile da
allagare se non revisionata almeno una volta all’anno, ha portato all’uso, da
parte dei più, degli scafandri, che tra l’altro si sono evoluti e perfezionati
sempre di più. |
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![]() Il fotosub al lavoro con un soggetto statico: una splendida spugna |
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E
non abbiamo ancora parlato del digitale, recentemente causa di veri e propri
sconvolgimenti nel modo di operare di tutti noi fotografi. Sono nate così delle
diverse correnti di pensiero: quella dei fotografi che usano ancora la
pellicola, quella dei fotografi “digitalizzati” in toto e, non ultima, quella
dei fotografi che usano pellicola e digitale secondo i casi, sfruttando le
caratteristiche positive dei due sistemi. Personalmente preferisco lavorare
sott’acqua con la cara vecchia pellicola, ancora oggi insostituibile per resa
cromatica e qualità dei risultati. |
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Ma
andiamo in acqua e vediamo di operare di fronte a situazioni concrete. Sarebbero
necessarie molte pagine e un vero e proprio corso di fotografia con orientamento
naturalistico, dedicato ai subacquei. |
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La
nostra interpretazione della natura sarà evidente nelle immagini e, se saremo
stati bravi, la nostra impronta e il nostro stile saranno senza dubbio
riconoscibili tra tanti. Ma come ci si avvicina a un pesce diffidente, come si
fotografa durante la notte, quando la vita esplode nel buio, e quali sono gli
accorgimenti che un fotosub deve usare nelle diverse situazioni e alle diverse
profondità? |
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Il tuffatore
dello stretto |
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Un paziente fotografo cerca di inquadrare un
paguro che batte in ritirata con un’attrezzatura per la macro che prevede l’uso
di un telaio inquadratore. |
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Ancora una volta il fotografo al lavoro con un soggetto statico. In questo caso c’è tutto il tempo di studiare l’inquadratura e posizionare il flash nel migliore dei modi. |
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Il tuffatore dello stretto prova ad inquadrare da molto vicino il ciuffo di uno spirografo. Gli obiettivi grandangolari con messa fuoco a brevi distanze (pochi centimetri) sono ideali per le riprese subacquee |
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Il flash illumina un bel soggetto statico: il cerianto |
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Quando si usa uno scafandro e due flash si inquadra attraverso il mirino usando una fonte di luce artificiale (un piccolo faro) posto al centro del sistema. |
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Il tuffatore dello stretto in decompressione dopo un’immersione dedicata alla ripresa fotografica con due apparecchi anfibi, ognuno con un suo flash in uso a mano libera.
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Francesco Turano
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