Colapisci - L'uomo che diventa pesce per scelta o per necessità - Il tuffatore dello Stretto |
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Gnacchere
Sui fondali dove in genere mi immergo, e nel mare dello Stretto di Messina in particolare, ho avuto la fortuna di incontrare molte volte quei grandi molluschi bivalvi che vanno sotto il nome, generico, di pinne. Si tratta in realtà di due specie: la Pinna nobilis (Linnaeus 1758), detta anche Pinna squamifera, comunemente nota come Gnacchera, Nacchera o Pinna, che è il più grande bivalve presente nel Mar Mediterraneo (visto che può raggiungere ben un metro di lunghezza), e la sua cugina minore, nota come Pinna rudis o Pinna pernula, caratterizzata da dimensioni più contenute e superficie delle valve con costolature longitudinali marcate e scaglie particolarmente sporgenti.
Le valve, abitualmente
colonizzate da molti altri organismi sessili (alghe, spugne, vermi, idroidi,
antozoi, briozoi, molluschi, tunicati) hanno il margine
posteriore arrotondato e presentano una ventina di coste radiali, più evidenti
in Pinna rudis, con scaglie a forma di
canali.
Curiosamente le pinne
ospitano, all’interno, in un piccolo spazio tra il mollusco e la superficie
interna delle valve stesse, una coppia di gamberetti trasparenti (Pontonia
pinnophylax) o, più raramente, alcuni piccoli granchietti (Pinnotheres
pisum).
Personalmente, quando
sott’acqua vedo una bella pinna infissa sul fondo, mi avvicino lentamente e
cerco di affacciarmi silenziosamente, (onde evitare che una vibrazione porti le
due valve semiaperte della pinna a chiudersi repentinamente) per osservare i
gamberetti all’interno.
L’ancoraggio al fondo delle
gnacchere, molto tenace, è dovuto alla produzione di tenaci filamenti, quei
famosi filamenti che costituiscono il bisso
marino utilizzato dall’uomo, in passato e soprattutto in
Sardegna, per la tessitura di
preziosi indumenti dai colori cangianti.
Ma vediamo di scoprire cosa invece accade all’interno della pinna quando è vuota, quando cioè si creano i presupposti affinché lo spazio rimasto libero venga occupato da chi del sito vuol farne una casa. Dalle osservazioni in natura, ovviamente documentate fotograficamente, ho potuto assistere alle situazioni più stravaganti, e proverò a parlarvene. Molte volte, ad esempio, mi è capitato di vedere simpatici blennidi (le bavose, per intenderci) che fanno capolino tra le valve delle pinne morte di dimensioni medio-piccole; questi piccoli pesci cercano come casa gli ambienti più disparati e una pinna vuota funge perfettamente al caso loro.
Tra i tanti incontri mi è sembrato particolarmente interessante mostrarvi quello con una coppia di bavose occhiute (Blennius ocellaris), che aveva deposto le uova sulla superficie liscia all’interno della conchiglia. E’ interessante notare come anche il polpo (Octopus vulgaris) non disdegni la protezione di un mollusco vacante come la grande pinna, che si presta magnificamente alle sue esigenze. Il polpo è anche un predatore di “pinne” e, quindi, doppiamente soddisfatto. In una delle foto si vede un subacqueo mostra al fotografo questa curiosa situazione, tenendo aperte le valve della pinna con non poco sforzo. Ecco poi altre due strane ma frequenti situazioni: un vuoto occupato da una giovane murena e uno occupato da un labride, un piccolo pesce che ama dormire solitamente poggiato su un fianco e che gradisce il supporto confortevole della conchiglia per il suo riposo notturno.
Quindi la funzione di una “pinna” morta come vediamo non è scarsa: ogni cosa in natura è utile anche dopo la morte ed ha comunque una sua funzione. E il Mediterraneo ci offre tanti interessanti esempi, sempre sotto gli occhi di quei subacquei attenti e poco superficiali, quei sub appassionati che scelgono il nostro mare per le loro immersioni. Peccato che un grande bivalve come la Pinna nobilis sia oggi una specie minacciata e, fortunatamente, protetta; che la natura provveda contro la forza devastante dell’azione dell’uomo.
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Francesco Turano
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