E di controra mi imbevo l’anima
che di soppiatto adesca la mia isolanità.
Perché solo di isola potrei sopravvivere,
di mare a sorsi e di sole a
fiati,
di scirocco a morsi e di stelle a gocce.
Nel mio Stretto apro e
chiudo versi,
come finestre sui canti di Omero;
in fila si appiattiscono triremi e feluche,
malinconici viandanti sulle orme di mistiche
illusioni.
Struggente l’accordo
che unisce l’isola e la solitudine;
hanno parentela che infrange legami transitori
e che ascolta il colpo di
remo sull’onda.
Al ritorno dell’affondo,
la certezza di toccare la
salsedine delle nuvole
che sospendono il respiro
di chi cerca un punto
di incontro.