CIVILTA' DEL MARE
SPERSTIZIONI, RELIGIONI E TRADIZIONI

All'uomo primitivo, privo di conoscenze, ogni cosa doveva sembrare soprannaturale; di fronte all'ignoto, non trovando spiegazioni razionali, ammantava tutto di mistero e, in una concezione animistica della natura, attribuiva uno spirito ad ogni cosa. Il soprannaturale dominava qualsiasi atto della sua vita e diveniva oggetto di culto che, a sua volta, originava pratiche superstiziose e magiche nonché miti sull'origine del mondo e dell'uomo.
Le divinità e gli eroi, personificazioni di elementi naturali, espressione delle immani lotte che l'uomo doveva affrontare per vincere le forze della natura e dell'ignoto, erano l'espressione di un essere "succube della paura della fragilità e della sua stessa vulnerabilità…. L'uomo è un vinto della natura e della società "agito da tempeste, fulmini, maremoti, inondazioni, bestie feroci, serpenti, insicuro per se e per gli altri, che teme tutto e tutti che ha tanta paura dell'al di qua come dell'al di là" (A.Rigoli).

Questa situazione panica viene quasi esorcizzata dalla dimensione onirica dell'uomo che si rifugia nelle favole e vuole crederle reali e lasciarvisi sprofondare. Ignoranza, paura e fantasia hanno, così, prodotto stupende "storie" che diventano, nel corso dei secoli, leggende, tramandate oralmente e poi anche trascritte ma, in ogni caso, conosciute dal popolo e come tali patrimonio della loro cultura.

Impercettibile è il passaggio dal mito alla leggenda, dalla tradizione orale alla produzione scritta, dalla invenzione scaturita da disagio esistenziale alla invenzione artistica e letteraria; e soprattutto è sottile il confine fra la religione e la superstizione.
Nell'era classica troviamo affiancati questi due elementi: miti e leggende di Dei che guidano Eroi nelle loro imprese o che si accaniscono contro di loro facendoli perire, nonchè di uomini che compiono gesta degne di un Dio e che per il loro coraggio, la loro intelligenza e forza nulla hanno da invidiare agli Dei; descrizioni di riti, divinazioni, preghiere ed offerte, scongiuri ed esorcismi che si sono protratti nel tempo e sono entrati nella tradizione e nel substrato culturale dei popoli.
Anche l'antica religione monoteistica, quale quella Ebraica, non è esente dalla dimensione panica che scaturisce dalla sproporzione tra il peso insignificante dell'uomo e l'infinita misericordia divina, tra la miseria del peccatore e il potere malefico del demonio; per cui formula della salvezza è il miracolo voluto e prodotto, in ogni caso, da una potenza soprannaturale che poteva soggiogare o proteggere indipendentemente dalla volontà e dall'agire dell'uomo. Ciò rende necessaria la presenza di intermediari, sacerdoti o maghi, santi o veggenti, capaci di comunicare col divino.
Nel Vecchio Testamento, il libro sacro dell'Ebraismo, la magia è trattata come una indiscutibile realtà.
La religione Mosaica è imbastita di azioni magiche Scrive il Sabellicus:
"è opinione tradizionale dei maghi che l'intero libro dei salmi sia una vera e propria raccolta di incantesimi dal significato occulto oltre che palese"


La situazione non cambia con l'avvento del Cristianesimo che ha compiuto si, profondi cambiamenti nella politica nella filosofia e nella società, ma che non è riuscito a far superare paure e superstizioni ed imponendosi talvolta con brutalità, ha contribuito ad alimentare incertezze e timori.
La fede dell'uomo medievale presenta, dunque, la coesistenza di elementi arcaici, pagani, spesso molto contraddittori tra loro, che rende difficile stabilire i confini tra la vecchia e la nuova religione. Così come all'origine si crearono i miti, ora si diffondono le leggende che narrano di eventi miracolosi operati da qualche Santo modellati sui testi del Vangelo e della Bibbia; ai testi sacri ufficiali si affiancano gli apocrifi, espressione della fede popolare, mentre i vuoti della conoscenza vengono riempiti dalla fantasia. L'assillo dei fenomeni inspiegabili si trasforma ancora una volta in racconti di diavoli, fate, gnomi, in leggende di spiriti vaganti, di esseri occulti che saranno il substrato di credenze popolari, di riti e pratiche magiche spesso legati da un sottile filo alle pratiche religiose.
La Chiesa non ha riconosciuto ufficialmente queste credenze popolari anche se, forse involontariamente, ne è stata l'animatrice. Questa dimensione dell'uomo sembrava dovesse essere superata con l'avvento dell'età dei lumi che registra la nascita di accademie filosofiche, di scienze fisiche e mediche e il potenziamento della ricerca per restituire all'uomo e alla natura quella autonomia che la confusione tra naturale e soprannaturale aveva per troppo lungo tempo reso impossibile

Nell'Europa illuminista, invece, il momento magico acquista un particolare rilievo ed integra la religione nel tentativo di giustificare empiricamente sfortune ed avversità personali e collettive senza ricorrere ad interpretazioni provvidenziali. Si può affermare che la tendenza all'esoterico è stata una nota caratteristica di questo secolo che vede pullulare società segrete, sette, cerimonie e ritualità insospettabili per un secolo fondamentalmente empirista e razionale, che resta intriso di magia sia tra gli aristocratici e le classi più colte, ricche e potenti, che tra le masse popolari subalterne
" …Vi è in tutta l'Europa di allora un interesse quasi morboso per tutte le cose strane ed occulte, una passione fervidissima per le pratiche magiche oscure e simboliche" (Castiglioni) "…Il Settecento pur perseguendo l'obiettivo di togliere agli uomini la paura diradando attraverso la ragione ogni ombra di mistero, fu il secolo più dilaniato dall'alternativa mistero \ irrazionalità-razionalità e che in effetti, rimase altrettanto credulo ed avido di meraviglia, quanto lo era stato il lontano medioevo" (Rigoli)

Le verità scientifiche, dunque, non sembrano essere apprezzate dagli uomini; essi vivono di suggestioni e come i loro antenati riescono ad estrarre dal mondo onirico le nozioni del vivere reale: certe cose si credono perché il "volgo" sente che debbono essere vere. E' un fatto singolare che anche nel duemila l'uomo, in fondo, preferisca credere ad una complessa storia soprannaturale pur di non usare la ragione; preferisca attenersi alla tradizione anziché alle prove fornite dalla scienza.
Se, come abbiamo visto, ogni cosa che accadeva si credeva voluta e prodotta da potenze inconoscibili, ciò ancora di più avveniva per tutto quanto riguardava il mare, forza suprema ed imperscrutabile: l'acqua era considerata una cosa divina e il più grande suo miracolo è stato la creazione della vita stessa, infatti è ritenuta tale, non solo dagli scienziati, ma anche dagli antichi miti che ponevano la nascita della dea dell'amore proprio nelle acque del mare. Essa è l'elemento principale di ogni forma di vita (oggi sappiamo che il nostro sangue è chimicamente molto simile all'acqua del mare), e l'uomo, per i poteri che le attribuisce, sin da principio, la assume per purificare lo spirito ed esorcizzare i malefici. L'uomo sapeva quanto il mare fosse ingovernabile, più della terraferma, dunque la divinità che presiedeva al mare doveva essere potentissima e terribile e per ingraziarsela occorrevano offerte e sacrifici.

Con il tempo si passa gradualmente dal mito alla leggenda popolare e dalla leggenda alla letteratura, tanto che spesso è difficile stabilirne il confine. Protagonisti delle più antiche leggende del mare sono personaggi come Giasone che con la nave "Argo" costruita secondo le indicazioni di Minerva entra in un mare sconosciuto, prende il vello d'oro, rapisce la maga Medea e poi sfugge al pericoloso canto delle sirene e alle insidie di Scilla e Cariddi; Ulisse che deve affrontare quasi tutte le insidie del mare a partire dalla collera dello stesso dio Nettuno, Gilgamesh che, dopo aver perso l'amico più caro, va alla ricerca del segreto dell'immortalità per riportarlo in vita: Intraprende un pericoloso viaggio sotto il Mare della Morte per parlare con l'Uomo Saggio, Utnapishtim, il Noè della "bibbia sumerica" sopravvissuto con la moglie a un grande diluvio che distrusse ogni creatura vivente sulla terra. Scopre così che esiste sul fondo del fiume che circonda la terra, una pianta che ha il potere di ridare la vita.
Accanto a leggende così antiche ve ne sono altre fiorite nel periodo medievale, spesso importate dai paesi nordici, modificate dall'influenza del cristianesimo e fuse con le precedenti. Così la navigazione sul Mediterraneo si arricchisce di nuove leggende e aumenta il desiderio e la certezza dell'esistenza di un mondo felice, posto nell'Atlantico. Seguendo le orme del filosofo Platone che descriveva la favolosa Atlantide, o di Pausania, convinto dell'esistenza di una terra di occidente, come lo era il latino Plutarco, si concretizzano le aspirazioni degli uomini di mare del Medio Evo: la ricerca della terra occidentale.
Dante, ventidue secoli dopo Omero, poneva il Paradiso terrestre ad occidente, al centro dell'Atlantico. La ricerca di un mondo ideale scoperto al termine di difficili viaggi in mare è lo stesso desiderio riscontrato nell'antica letteratura islandese e norvegese che nel medioevo raggiunse e si fuse con la cultura mediterranea.

Le leggende mitologiche sono alla base delle carte medievali, carte che illustrano anche i pericoli e i mostri, come si può vedere esaminando la carta nautica del codice tolemaico.
Tra i miti e le leggende più conosciute, sono quelle riguardanti le Sirene; già in passato, ma ancora oggi la sirena è una delle figure che più comunemente si vedono dipinte nella vita e negli attrezzi marinareschi della Sicilia.
Non manca mai nel campione che sormonta la poppa o nell'opera morta esterna nelle barche da pesca e nei gozzi da trasporto dove è rappresentata con una lunga coda ondeggiante e attorcigliata; inoltre è presente anche in vari stemmi di nobili casate siciliane.
Molto interessanti sono le leggende siciliane che hanno ispirato canti popolari e credenze che variano di luogo in luogo:
"A mmenzu u mari cci sta la sirena, / cu' passa ccu lu cantu si lu tira; / cci pigghia la varcuzza ccu la vela / li sippillisci n-funnu nta la rina : / e cu' ci n-cagghia, forti si lu teni / ccu li canti chi fa sira e matina" .( Canto popolare raccolto da Salomone Marino a Partinico).
A Misilmeri, la "sirena di lu mari" è dotata di voce melodiosa, tanto da incantare i venti, le onde del mare e fare addormentare pesci uccelli e uomini. Vive sott'acqua, in castelli ricchissimi, pieni di pietre preziose dove, come una calamita, attira gli uomini e li tiene rinchiusi. Nella contea di Modica è un essere benevolo che vive in fondo al mare in una grotta di diamanti perle e pietre calamite, ne esce una volta l'anno, nella notte di S. Paolo (24-25 gennaio), si avvicina alla spiaggia e per tutta la notte profetizza gli avvenimenti che accadranno nell'anno. Secondo una canzone di Acireale, il canto delle sirene si fa sentire ogni qual volta nasce un bambino sventurato.

Nella tradizione messinese, la sirena abita nel faro di Messina e quando si gira verso la riva, le donne che stanno partorendo in quell'istante muoiono. Altri fanno coincidere le sirene del faro di Messina con Sciglia e Cariglia, una più malvagia dell'altra. Le navi che passano di là naufragano perché i marinai al canto delle sirene si addormentano.
Un giorno, un gigante esperto nuotatore messinese, scommise con i calabresi che avrebbe catturato le sirene. Si tuffò nel faro portando con se una fune e, giunto sul fondo, riuscì a legare con grande difficoltà le due sirene, che riportò a galla consegnandole al popolo. I Messinesi, fieri di un tale coraggio di un loro concittadino, gli innalzarono una statua ed i Reggini gli assegnarono una rendita annuale.
Un'altra leggenda racconta che, sempre nel tentativo di liberarsi da questi esseri strani, una volta un marinaio fece innamorare di se una sirena e poi la spinse a raccogliere un anello che lui aveva buttato in fondo al mare, pur sapendo che la sirena non poteva stare a lungo sott'acqua. La sirena, prima di immergersi gli disse che se entro mezzora non fosse riapparsa e avesse visto un poco di sangue venire a galla, avrebbe dovuto ritenerla morta. Così fu e il marinaio andò libero per i fatti suoi e fiero di aver liberato il mare dalla sirena.

Un'altra fiaba: "Figghia di Biancuciuri" racconta di una donna che navigava con una sua figlia bruttissima che doveva andare sposa al re e con Caterina, una sua nipote bellissima. Volendo sostituire la figlia con la nipote annegò quest'ultima e proseguì il viaggio. L'annegata venne presa da una sirena che la portò nella sua splendida dimora dove mise a sua disposizione tutti i suoi tesori e le permise di venire a galla solo per prendere aria quando nessuno la vedeva. Il fratello di lei, per consiglio delle fate andava ogni giorno in riva al mare per chiamarla:
ah sirena di lu mari \ bellu pisci mi fa' fari\ com'angilu canti \ e l'aceddi addurmisci \ mannami a me soru ca m'ubbidisci
!
Caterina, sentito il richiamo del fratello, convinse la sirena a liberarla dalla catena di sette anelli che la teneva prigioniera. Salì, dunque, solo per poco, ad abbracciare il fratello e quando si congedò da lui scuotendo i capelli fece cadere pietre preziose, oro, argento e grano. In seguito, scoprì il segreto per potersi liberare, cioè che solo sette fratelli fabbri avevano il potere di rompere i sette anelli della catena per liberarla. Quando ciò accade, ritornata sulla terra sposò il re invece della perfida e brutta cugina.

Come restano oggetto di interesse poetico e letterario le leggende delle sirene, così suscitano curiosità e miti le figure straordinarie dei tritoni e degli uomini marini.
Figure la cui origine è legata, anche secondo B. Croce, alla tendenza a immaginare uomini e animali con virtù diverse da quelle naturali, a rappresentare i sentimenti che desta il mare, il fascino e la curiosità per l'ignoto, la cupidigia per le ricchezze sommerse, le paure dei marinai con le congiunte immaginazioni su mezzi miracolosi per vincere i pericoli. Non c'è più il panico per l'ignoto, ciò non toglie che continuano ad esserci disastri e morti sul mare, che lasciano molto perplessi e insicuri tutti coloro che lo solcano.
Per questo il fascino delle storie fantastiche incanta ancora bambini e seduce adulti che palpitano al racconto delle avventure di Ulisse, di Giasone, degli Argonauti, di Giona e la balena, di Colapesce e di Mostri marini e così via. Questo incanto spesso coinvolge l'intero paese trasformandosi in rito propiziatorio insito nelle manifestazioni folcloristiche, come quella di Acitrezza, dove la leggenda di Colapesce si è trasformata in una vera e propria festa popolare.
Di anno in anno, per questa manifestazione, viene designato il nuotatore più abile che dovrà rappresentare il pesce. Questi si getta in mare e nuota inseguito da un folto numero di barche che fingono di fiocinarlo nel tentativo di prenderlo. Poi due pescatori lo tirano su, tenendolo per le braccia e per le gambe fingendo di squartarlo. Questo rito evidentemente propiziatorio simula una abbondante pesca, mentre pare che ci sia un'altra versione che simula una pesca infruttuosa.
Il nuotatore, si libera, si rituffa in acqua e non si fa riprendere; I pescatori allora, si accapigliano, fanno capovolgere la barca e tornano a riva a nuoto. L'epilogo più antico pare sia quello della pesca vittoriosa. Questo che sembra un gioco, è inconsapevolmente un rito di magia imitativa a carattere propiziatorio che viene praticato anche in altre parti del mondo.

Ricollegabili alle usanze siciliane sono pure alcuni balli pantomimi catalani che si eseguono in riva al mare nel periodo carnevalesco, anch'esse a sfondo magico e propiziatorio. Il folclore marinaro si esprime con cerimonie, credenze, canti ricollegabili a primitive religioni e strettamente connesse alle feste religiose.
Alla luce del primordiale animismo che è rimasto alla base di tutte le credenze popolari, era logico pensare che le terrificanti forze naturali fossero suscitate per opera di un Dio, di un diavolo o di una strega.
Ancora il marinaio "Crede nelle malìe, agli incantesimi .....Essi ricordano allora antichi fatti, bizzarri avvenimenti, s'inebriano in una poesia di fate, di geni, di maghe. Ogni luogo per essi rammenta una meraviglia..." (Vincenzo Linares- Racconti popolari siciliani - 1840)
Ciò che, però, più temono i marinai sono le tempeste che sconvolgono cielo e mare e che sono accompagnate da venti, piogge, fulmini: Il Vento nella mitologia classica era un Dio, "Eolo"; una divinità autonoma che comandava a suo piacimento i venti, suscitatori di tempeste e di interminabili bonacce, ma anche favorevoli amici e ritenuti, perciò, strumenti della collera o della compassione divina.
A proposito del vento vi sono molti proverbi siciliani, espressione di saggezza popolare, spesso anche contraddittori che avvertono:
Bisogna navicari ccu bon ventu- perché -non si po' contra ventu navicari- Quannu vai a mari, ventu non chiamari
ma anche il contrario:
Senza ventu non vunciunu li veli-o - Metri hai lu ventu in puppa ,navica
. A Noto:_Lu sciroccu inchi tunnari ,sbrazza nuari(orti)

Con il mutare della società e della religione, le cose non cambiarono del tutto, poichè i disastri naturali continuarono ad essere considerati mezzo della giustizia divina; di conseguenza veniva colpevolizzato l'uomo peccatore e come tale causa dell'ira di Dio; oppure, quando il Cristianesimo si diffuse in tutta l'Europa, modificando le superstizioni della nuova dottrina, tali calamità erano considerate opera della malvagità del diavolo. Egli diventa il grande agitatore di tempeste, con l'aiuto di demoni inferiori , per tormentare gli uomini.
Ecco, però, in aiuto degli uomini vengono i Santi, forze opposte ai demoni, protettori dei marinai: S Nicola; S Clemente; S Antonio da Padova; S Vincenzo, S Elmo, S Pietro. Finchè durava l' invocazione le forze del male venivano bloccate e per questo in Scozia esisteva, fino alla fine dell'800 una confraternita che si riuniva di notte, per pregare " a catena" per quelli che erano in mare. In alcune parti della Germania, si credeva che a suscitare la tempesta erano i diavoli che, volando, portavano con se nell'aria l'anima degli impiccati e, solo dopo la loro sepoltura, si quietava. Anche nella Bretagna si crede che a causare le tempeste siano i Tud-Vor, demoni neri che corrono sulle onde o i cornandoned, orribili gnomi del mare.
Non solo i Diavoli, ma anche gli uccelli marini sono oggetto di superstizione, specialmente nei paesi Nordici: gabbiani e albatros sono considerati suscitatori di tempeste ed è tabù ucciderli perché sono l'incarnazione dell'anima dei marinai morti in mare. Solo il Martin pescatore è considerato di buon auspicio e le sue spoglie usate come amuleto propiziatorio. E ancora: se un gruppo di tre uccelli vola sopra la nave, è un presagio di morte, oppure quando un cormorano scuote le sue ali per asciugarle, sta aspettando l'anima di un pescatore.
Ma l'abilità di scatenare tempeste era riconosciuta anche alle streghe. Nel passato molte donne sono state arse sul rogo perché ritenute responsabili delle catastrofi naturali.
L'uso di rivolgersi a streghe per acquistare da loro il buon vento si è protratto fino al 1900, ma talvolta le streghe ingannavano i marinai vendendo loro venti di tempesta spacciandoli per "buoni" Molteplici erano i metodi usati dalle streghe per suscitare i venti: o tramite il corvo a loro servizio, o agitando un fazzoletto magico, o versando schiuma di sapone in mare ed agitandola con la suola delle loro scarpe, o frustando l'acqua con una cima, o nel modo più classico mescolando intrugli nel calderone. Presso alcuni popoli, invece, erano considerate anche benevole nei confronti dei marinai che si rivolgevano a loro per acquistare talismani, conchiglie propiziatorie ed in Bretagna frecce magiche che, se lanciate in acqua dal marinaio più bello e più giovane, avevano il potere di calmare le onde e il vento.

Le superstizioni dei marinai, hanno radici lontane come quella, secondo la quale, causa di tempeste può essere la morte di un grande uomo, o di un politico o di un criminale, che sembra essere confermata da Plutarco il quale ne attribuiva l'origine ad un disequilibrio nell'aria prodotto dalla scomparsa di una grande anima per sua natura più vicina a questo elemento. Ha origini risalenti a riti arcaici, quale l'offerta della capigliatura per placare, nel momento del pericolo, l'ira di un dio, il divieto di tagliarsi i capelli a bordo, quando c'era bel tempo, perché questo gesto era considerato tabù.
Nell'antichità c'era l'uso di gettare in mare quale offerta, oggetti preziosi e gioielli. Anche gettare in mare dell'olio aveva un significato mistico di sacrificio per placare le onde Legati alla tempesta sono altri fenomeni naturali a cui il popolo ha dato una sua interpretazione, tra questi le trombe d'aria e gli uragani. Molteplici sono le credenze a riguardo, sia per il fenomeno terrestre che per quello marino, ma tutte prevedono la possibilità da parte dell'uomo di esorcizzarli.
Il Dragone, (in siciliano Draunara o 'raganu) viene quasi sempre visto come opera di streghe e stregonerie. Una superstizione durata fin quasi ad oggi era quella di tagliare le trombe marine con un coltello, e, poiché la tromba era sicuramente opera del diavolo, il comandante, con un coltellaccio in mano, recitava il "padrenostro verde", consistente in una sequela bestemmie per ingraziarsi il demone; solo quando il dragone si era calmato, recitava il padrenostro cristiano, per insulto e sberleffo alle forze maligne.
Queste usanze hanno origine lontane:
Nel quindicesimo secolo, Cristoforo Colombo sgominò una tromba d'aria tracciando nell'aria con la spada una croce ed un cerchio che conteneva tutta la flotta e, recitando un passo del Vangelo, placò la tromba marina che scaricò in mare una cascata d'acqua lontano dalle sue navi.
In Italia, ancora oggi, legati ad antiche leggende si crede esistano spiriti che animano gli uragani contro i quali sono necessari scongiuri e benedizioni.
In Istria spirito terribile è "El Sion", un vecchio stregone del mare che suscita le trombe marine. Solo un primogenito può esorcizzarlo incidendo con il suo coltello sulla punta della barca la stella a sei punte dopo aver pronunciato precisi scongiuri.
Non meno temibile è il "foletto marin" che altro non è che il forte vento di libeccio, che si può domare solo rivolgendosi a Santa Barbara con una miscellanea di preghiere e scongiuri magici.
Nelle Marche, invece, la Tromba Marina si identifica con una nuvola soprannaturale: lo "Sciò", composta da un milione di anime che scendono sulla terra per vendicarsi dei torti subiti dai marinai: Esse formano una colonna che turbina su se stessa fino a far sollevare l'acqua del mare che si perde nel cielo.
Credenze simili sono ancora vive anche in Sicilia:
A Caltanissetta la dragunara è una donna dai capelli sciolti, nuda, che allo scoppiare dell'uragano, si solleva da terra con la testa chinata sul petto e ad una certa altezza gira per aria prendendo forma di denso e scuro vapore o di fumo nero. Per farla smettere bisogna tagliarla con la mano sinistra recitando scongiuri ed essa verrà giù a piccoli pezzetti.
Ad Agrigento, invece, è una strega che fa mirabili incantesimi, per esorcizzarla bisogna tagliare con una falce la "Dragunara" e fare gli scongiuri. Allora cadrà in pezzi invisibili accompagnati da calze di seta, scarpe vecchie, arcolai ed altri arnesi di stregheria che vengono giù dall'aria (questo può essere un modo di spiegare la presenza di oggetti che sono sollevati e trasportati dalla tromba marina) a Fancofonte é una immensa nuvola nera a forma di coda. Può essere combattuta da un mancino che deve, con una falce, quando è grande o con un coltello quando è piccola, infliggergli dei tagli a forma di croce. Per i marinai è un nuvolone che assume forme terribili e "Varchi e galeri agghiutti / Anchi a li marinara".
E' credenza diffusa che la tromba d'aria prenda l'acqua dal mare, e a tal proposito una leggenda marinara racconta che quando il nuvolone investe il mare, l'acqua marina viene aspirata, portata in aria dove diventa dolce e trasportata in altro luogo. Anche gli scongiuri contro il Dragone sono molteplici: A Palermo per scongiurare in mare la tromba, un marinaio rivolto verso la coda della tromba, si toglie la magnusa (cappellone cerato) e dice:
Luniri santu / Martiri santu / Mercuri santu/ Ioviri santu/ Sabbatu santu / Duminica di Pasqua/ sta cuda a mari casca/ e ppi lu nnomu di Maria / sta cuda tagghiata sia.
Pronunciate queste parole con la mano fa tre tagli orizzontali come per tagliare la coda che scende dal cielo. Così fatto, la coda si solleva a poco a poco il mare si fa più tranquillo e resta solo un alito di vento.
Nella provincia di Catania, i marinai, per cacciare la tromba devono segnare tre croci con un coltello benedetto il cui manico sia mezzo bianco e mezzo nero, o con una falce impugnata con la sinistra fendendo prima da desta a sinistra e poi da sinistra verso destra e ripetendo la formula. "unni vai, a tia, nevula scura?/ va sdivachiti in una vadda troppu scura.

In provincia di Messina, i marinai usavano un coltello dal manico nero e proferivano scongiuri quali:
1 - Divutativi, tri anciuli, / chi veni 'randi draunara,/ una d'acqua, una di ventu,/ e una di scurusu tempu./ -draunara unni vai?/ -vaiu ppi sdirrinnari / ceusa e luvari / tutta la sorta di 'nnimali.-io' ti tagghiu e ti cuntratagghiu/ c'un cutidduzzu di manicu niuru. / -non mi tagghiari, nè mi cuntratagghiari, / chi mi nni vaju ddhabbanna do mari / unni un c'è ghiaddi, unni non c'è ghiaddini,/ unni non c'è 'bitazioni cristiani/ evviva San Giuvanni Battista
2 - Tri nevuli vidu spuntari,/ una d'acqua ,una di ventu,\ una porta un gran maltempu.\ sutta li petri fucali\ unni non sona missa.\ unni non fannu cuddura a figghioli\ qualchi notti di natali\ stu maltempu pozza calmari-
3 - Tri neuli vonnu cumpariri\ una d'acqua, una di ventu,\ mi squagghi ppi spaventu-
4 - Sapienza di lu Patrri\ sapienza di lu Figghiu,\ sapienza di lu Spiritu Santu\ e di la Santissima Trinità\ e sta cuda di rattu\ a mari sinni va.
5 - tri nevuli vosi compariri\ una d'acqua una di ventu\ e una di gran furtuna;\ a vattinni a chiddi parti scuri,\ unni non spunta non suli e non luna\ unni n'è nata nudda creatura;\ unni non cc'è non furnu\ non pucciddati e non cuddhuri,\ unni non canta jaddu e non luci luna,\ddha si sduvachirà senza misura
6 - sant'angilu non durmiri- chi iò tri neuli vidu viniri\ una d'acqua e una di ventu\ e una di gran furtuna\ vattinni a ddhi parti stramani\ unni non canta nonghiaddu e non gghiaddini.\ addhi furnara chi non c'è cuddhuri.\ unni non si trova armaa cristiana battiata,\ e sta trumma sia tagghiata\ a nomu di diu e di la santissima trinità.

In altre parti parti della provincia viene recitata a capo scoperto,segnando tre volte con le mani una croce, questa formula:
crialeisò\ cristaleisò\ cristeaudinos\ cristessaudinos\ santa maria\ sta cuda tagghiata sia!- oppure a Siculana così si recita: tagliati,dragunera,e t'aggiusti la filera, \ vassinnò ti mannu in galera.
Come tutte le formule magiche di scongiuro, la facoltà di renderla efficace si acquista la notte di Natale: A Trapani, appena cantato il Te Deum e scoperto il Bambinello, i vecchi marinai insegnano ai più giovani queste orazioni e i pescatori immergono le mani nell'acquasantiera, nella speranza di non perire in naufragio. A Marsala questo stesso rito viene fatto nella chiesa madre nel momento dell'elevazione. Per acquistare questa facoltà bisogna prepararsi: il candidato mette in bocca una fogliolina d'ulivo che deve masticare fino alla mezzanotte ed inghiottirla poco prima di aver appreso l'orazione. Come le altre orazioni chi la insegna la recita una volta sola, se non si riesce ad apprenderla, bisognerà attendere l'anno successivo.

Altri fenomeni hanno suscitato la fantasia popolare: La fata Morgana che è simile al Miraggio, ma i Siciliani, eredi dei Greci e della loro fervida immaginazione, attribuiscono questo fenomeno ad una bellissima fata che estende il suo impero sullo stretto di Messina dove spesso fa mostra dei suoi meravigliosi poteri. Inganna i naviganti mostrando i suoi fantastici palazzi e mentre loro credono di approdare a Reggio o a Messina, naufragano sulla costa e cadono in suo potere
Ancora un miraggio che si nota nel golfo di Mazzara, è la Città di fra Lucchinu. Il fenomeno, avviene al tramonto o al sorgere del sole, quando c'è bonaccia e nebbia bassa e dura circa un'ora durante la quale si vedono navi, bestiame, alberi, e la città capovolta.

Fonte di miti e favole è la luce più antica e conosciuta, temuta ed amata dai marinai di tutto il mondo: il Fuoco di Sant'Elmo: durante le tempeste, di notte o di giorno quando il cielo è plumbeo, si vedono apparire sull'alberatura della nave una o più luci. Oggi sappiamo che queste luci sono un comune fenomeno elettrico che si verifica quando l'aria, carica di elettricità positiva si scarica sulle attrezzature e sugli alberi della nave che fungono da polo negativo. Però, come tutti i fenomeni di cui l'uomo non sapeva darsi spiegazione, anche questo nell'antichità si trasformò in mito, ne sono testimonianza le leggende narrate da Alceo, poeta greco del 630 a:c. o i racconti della nave Argo e di Giasone, o ancora quelli di Plutarco che ci racconta come sulla nave di Lisandro, prima dello scontro con la flotta Ateniese , si posarono due stelle. L'apparizione di queste luci veniva interpretata come presagio: se si manifestava un solo fuoco era "Elena", la figlia di Leda e di Zeus ed era di cattivo auspicio; se invece si vedevano due fuochi, erano Castore e Polluce ed era un segno rassicurante. L' antico mito, si trasforma, poi, nel periodo cristiano e si lega alla leggenda di Sant'Elmo, un santo tipicamente mediterraneo, che ammalatosi durante un viaggio in mare, morì durante una tempesta. Prima di morire, assicurò ai marinai, che si sarebbe manifestato, se la nave, in pericolo, fosse stata destinata a salvarsi. Poco dopo la sua morte apparve una luce sull'alberatura e fu subito interpretata come il messaggio del santo. Da quì il nome di "Fuoco di Sant'Elmo".
Nel Medioevo tali luci erano ritenuti demoni dell'aria che impedivano alle anime di salire in cielo. La superstizione dei marinai attribuiva a queste luci influenze negative o positive a secondo il numero o il movimento: se le luci sono tre porta male, da quattro in su sono di buon auspicio. perché si crede sia lo stesso Sant'Elmo con dei ceri in mano; se si spostano verso l'alto si dice che il tempo tende al buono se, invece, scendono verso il basso, la tempesta sarà più violenta.

Molte altri strani fenomeni vengono dal marinaio collegati fantasticamente a storie e racconti della tradizione marinara, poiché egli, per sua natura "… conserva l'antica rozzezza e le antiche abitudini. Crede nelle malìe, agli incantesimi .....Essi ricordano allora antichi fatti, bizzarri avvenimenti, s'inebriano in una poesia di fate, di geni, di maghe. Ogni luogo per essi rammenta una meraviglia..." (Vincenzo Linares- Racconti popolari siciliani - 1840)
Ricorrenti, ad esempio, in ogni parte del mondo sono le "voci del mare" che talvolta sembrano gemiti e lamenti, oppure sospiri e canti o, tal' altre suoni di campane, La fantasia si accende e si parla di navi fantasma, di terre sommerse, di anime dei morti. Ad esempio per i Bretoni sono gli annegati che gemono quando le loro ossa, sparse nel fondo del mare, rotolano .oppure i fantasmi di innamorati, che risalgono dal fondo del mare cercando l'anima gemella sulla schiuma di ogni onda che si alza e, quando l'hanno trovato mandano dolcissimi sospiri.
E' evidente l'origine mitologica di queste leggende , in cui la voce del mare segnala un annuncio di morte, in cui, le sirene delle leggende classiche, le Nix o le Finette, o le Loreley delle leggende nordiche, con il loro canto attraggono chi va per mare e ne segnano il loro destino di morte.
Spesso queste credenze hanno origine da avvenimenti storici lontani, mitizzati e scaturiti dalla tradizione orale dell'epopea popolare. Ne è esempio in Sicilia una leggenda sulle campane nel mare, scaturita da un avvenimento che ha suscitato nella gente paura e morte ed è divenuto oggetto di numerosi canti popolari: le razzie dei "Turchi".
Si racconta che a Cammarata, i Saraceni, saccheggiarono la città, portando via anche le campane della chiesa ma la nave che le trasportava naufragò appena salpata. Ogni anno, nell'anniversario dell'avvenimento i marinai giurano di sentirne i rintocchi

Nonostante il progresso della civiltà, ancora oggi permangono, anche se in forma latente, inconscia e spesso taciuta, molte credenze sui folletti che ora sono amici, ora maligni e dispettosi.
Tra questi si annovera Il Monacello, spirito allegro e bizzarro che da i numeri del lotto a chi audacemente riesce a strappargli il berrettino dalla testa. I Napoletani credono che un tempo fosse un bambino solo che per il suo brutto aspetto veniva da tutti scacciato e solo alcuni lo sfamavano. Alla sua morte Dio gli ha permesso di vagare sulla terra per aiutare i discendenti di coloro che lo avevano aiutato e vendicarsi degli altri.
Ma, oltre all'aiuto di Santi e folletti, per proteggersi dalle sventure in mare vengono usati scongiuri e amuleti vari come: La pietra del fulmine; Lo smeraldo; frammenti di una candela benedetta il giorno della candelora; Catenella di ferro con dei ciondoli a croce; una coda o un frammento di pelle di lupo; una spilla d'ambra,; le pietre verdi che allontanano i fulmini; le pietre sanguigne che impediscono la fuoruscita del sangue, hanno forma di goccia e si portano al collo con nastri e cordicelle.
Al corallo è stato attribuito un grande potere magico: tiene lontano il malocchio, allontana la febbre, protegge dalle tempeste, caccia le vipere.
Fino a pochi anni fa si usava regalare alla balia monili di corallo come portafortuna per lei e per il bambino che allattava.
Portafortuna sono le conchiglie che proteggono dai mali sia per mare che per terra; in modo particolare "l'occhiu di Santa Lucia", opercolo di una conchiglia, un gasteropode dal nome scientifico di Astrea Rugosa.

Numerose sono le superstizioni, che spesso coincidono con quelle inerenti alla vita sulla terra ferma: Nessun marinaio, come nessun terricolo, si mette in mare di Venerdì, rispettando il diffuso pregiudizio, ben definito nel proverbio siciliano: Né di Vennari né di Màrtiri \ Nun ti moviri , né ti partiri, bisogna aspettare la mezzanotte del sabato perchè si possa partire.
Si racconta che un capitano che non volle seguire questa usanza, durante il viaggio fu colto da una tempesta così forte che per poco non perse il bastimento e la vita. Questa disavventura, dal popolo, viene attribuita or a questo ora quel marinaio.
Interessante è la teoria avanzata dal Pitrè sull'origine di questa superstizione: egli afferma ":….Il venerdì cristiano venne a prendere luogo dal giorno di venere pagano…..Un giorno sacro alla dea della bellezza e degli amori, giorno eninentemente profano, non potea non dispiacere ai seguaci della nuova religione, che ricordavano essere morto in esso l'Uomo Dio,… presero a riguardarlo come santo e ad odiare qualunque pratica che ne offendesse la santità" ( Pitrè -Curiosità di usi popolari.) onde il divieto delle nozze, o di intraprendere viaggi o iniziare affari di grande importanza, mentre in ricordo della passione di Cristo , è bene dedicarsi a pratiche religiose.
Relativo al lungo distacco con i propri cari che vanno per mare ed alla preoccupazione per i pericoli in cui incorrono i marinai è l'usanza tra la gente di mare donare a chi per primo annuncia ai familiari di un marinaio l'arrivo di un parente lontano, delle uova in regalo. Qualcuno, infatti, prima di dare l'annuncio esordisce col dire: Unni su l'Ova?

Per gli uomini, in conclusione, il mare, è foriero di contrasti nella mente e nel cuore dei marinai che sulle imbarcazioni portano speranze e timori, sacrifici, nostalgie e desideri di avventure ma è il mare che permette anche scambi di merci, di persone, di idee, che da sempre, nei millenni della storia dell'uomo, svolge una azione che è stata di stimolo, di progresso, insomma di libertà.


Maria Bella
Conferenza di Maria Bella Raudino per il C.S.T.B.
 in occasione della mostra "Mare Nostrum"

 

BIBLIOGRAFIA
Aurelio Rigoli - Magia e etnostoria - 1979
B. Bennardi - Crisi e non crisi dell'antropologia -1977
K. Seligman - Lo specchio della magia - 1972
J. Sabellicus - Magia pratica Vol.1°- 1976
E. Petoia - Miti e leggende del Medioevo - 1996
A. Castigglioni- Incantesimo e magia - 1934
Esiodo -Teogonia-
A. Morelli - Dei e Miti- Enciclopedia di mitologia universale
Salomone Marino - Canti
G. Pitrè - Usi e costumi credenze e pregiudizi del popolo siciliano Vol. 4°
Giancarlo Costa- Misteri e leggende del mare -
V. Linares - Racconti popolari siciliani - Vol 1°
E. Ciaceri - Culti e miti nella storia dell'antica Sicilia
AA. VV. - Oceani- Fabri Editori
AA: VV. - Il Mare, grande enciclopedia illustrata- Istituto geografico De Agostini
M. Tangheroni e L. Galoppini- Navigare nel Medioevo.

   

 

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