L'apparecchio
di Giovanni Borelli

Nel 1679, un abate napoletano, Giovanni Borelli docente in fisica a Messina e a Pisa, progettò un battello sommergibile (il primo vero apparecchio d'immersione) somigliante ad una noce o a un uovo, struttura razionale al fini della resistenza, e dotato di camere a zavorra variabile costituite da otri di pelle di capra riempibili di acqua.
Il subacqueo, protetto da una specie di muta, si sarebbe dovuto immergere con un otre pieno d'aria compressa e sul dorso doveva portare un sacco-polmone, funzionante da riserva e da equilibratore.
Il palombaro avrebbe potuto guardarsi attorno attraverso un oblò e il suo assetto idrostatico sarebbe stato garantito da una zavorra in piombo, da pinne ai piedi e da una specie di siringone tenuto in mano.
Fu un peccato che l'apparecchio di Borelli non fosse stato già costruito: infatti, appena un anno dopo, nel 1680, un inglese trapiantato nel Maine, figlio d'un fabbro, compì, con l'aiuto finanziario del duca di Abemarle, un incredibile recupero al Banco d'Argento, sul relitto di un galeone della Plata Flota.
Con immersioni a corpo libero recuperò il carico della nave spagnola per un valore di 200.000 sterline.

 

 

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