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La festa del pagliaru
(Bordonaro)

 

La Festa del Pagghiaru di Bordonaro, celebrata ogni 6 gennaio, è un rito ancestrale che fonde tradizione cristiana, simbolismo pagano e cultura contadina, trasformando l’Epifania in un evento di profonda intensità rituale e comunitaria.
La festa del pagghiaru affonda le sue radici in antichi riti di propiziazione agricola e pastorale, comuni anche in alcune regioni dell’Armenia. In Sicilia, fu reinterpretata dai monaci basiliani come celebrazione dell’offerta dei doni a Gesù Bambino da parte dei Magi.
Il pagghiaru rappresentava inizialmente la capanna di San Giovanni Battista presso il Giordano, simbolo di eremitaggio e purificazione. Nel territorio messinese, i monaci basiliani furono attivi fino al XIX secolo, e il rito si consolidò soprattutto a Bordonaro, dove il pagghiaru veniva eretto al centro della chiesa parrocchiale.
Oggi il pagghiaru è una struttura piramidale alta circa nove metri, costruita attorno a un tronco di castagno rivestito di giunchi intrecciati e fronde verdi, decorato con agrumi (arance, limoni), ciambelle, cartoncini colorati a forma di dischetti è sormontato dalla crucera, un cono di legno e fronde di acacia, ornato con salumi, formaggi, pane, salsicce e nastri colorati. Alla sommità, una croce di legno alta circa due metri, simbolo cristiano e trofeo rituale.
La festa culmina con la funzione religiosa e il rito dell’acqua benedetta, celebrato nella piazza del villaggio. Il sacerdote benedice il pagghiaru, ricollegando il gesto alla purificazione e alla rinascita spirituale.
Anticamente, quattordici giovani rappresentanti dei casali di Messina assaltavano il pagghiaru, lo spogliavano e lo distruggevano, in un gesto propiziatorio per la rigenerazione della natura.
Oggi, la tradizione si è trasformata in una gara rituale che vede  i partecipanti si arrampicarsi per conquistare la croce in cima. Il vincitore viene portato in trionfo e gli altri spogliano il pagghiaru e lanciano gli addobbi alla folla, in un gesto di condivisione e festa
La festa si concludeva con una pantomima simbolica in cui un uomo è mascherato con una raggiera di fiaccole e una lunga torcia, un cavallo finto (cavadduzzu) ha dei fuochi d’artificio incorporati. Il combattimento durava circa cinque minuti, e vinceva chi riusciva a mantenere accesa la fiaccola. Il significato della pantomima è una lotta tra Bene e Male, ma ambigua per cui l’uomo “selvaggio” rappresenta il primitivo e il cavallo domato la natura ribelle
La festa del pagghiaru non ha nulla a che vedere con l’albero di Natale nordico. È piuttosto un rito di passaggio invernale, legato alla ciclicità della natura, alla memoria monastica, e alla resistenza culturale di un villaggio che celebra la propria identità attraverso gesti antichi e collettivi.


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