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Martedì 14 agosto 2007


La leggenda di Nicola pesce
(una libera interpretazione)

 

Ieri sera abbiamo avuto a cena i nostri amici vicini di casa di Palermo. Chiacchierando io ho attaccato, come il mio solito da qualche mese, il trombone sulla geotermia profonda del Tirreno. Una delle mie ospiti, agrigentina, dopo essersi sorbito il mio solito comizio geologico-industrial-politico se n'è uscita, un po' inaspettatamente, con un'antica leggenda siciliana (del 1200 o forse pure prima).
Questa di Colapisci, o di Nicola, l'amico dei pesci. Il difensore delle creature marine, il difensore del fuoco subacqueo...
Lei è insegnante, e quest'anno, ai suoi allievi, l'ha fatta rappresentare.
Antica, ma mai dimenticata dai siciliani, la leggenda di Colapisci può apparire come uno strano aneddoto sull'ecologia di otto secoli fa. Sul rapporto tra il potere e l'uomo, sull'oro e il suo significato (l'economia al servizio dell'uomo e non viceversa), sul pericolo in cui versa la Sicilia e il mondo, sullo spirito umano, sulla gioventù e il coraggio, sui simboli del comando, sul fuoco della Madre Terra, la sua conoscenza, la sua custodia e il suo futuro.
Correntemente viene interpretata come una storia simbolica centrata sul rapporto tra un potere cieco e crudele verso il popolo, invece creativo, coraggioso e paziente.
Però, in questa leggenda, 
almeno per me, c'è anche altro. C'è tutto il sistema simbolico recentemente apparso su questo blog. E nato dai fatti.
E c'è di anche più, forse. Molto di più. Un sentiero previsivo e spirituale. Scritto dentro, e nemmeno tanto cripticamente, nella leggenda popolare. Forse da intelligenze antiche e profonde.
C'è sì il potere assoluto e crudele, la povertà, la morte e il pericolo. Ma c'è anche una strana speranza profonda per superarli.
"Colapesce è l'archetipo di tutti i siciliani umili che reggono la baracca - diceva ieri sera la mia ospite - Colapesce regge il pilastro franante dei tre di Sicilia. E' Falcone e Borsellino".
Sono venuto a Favignana, in vacanza tra i tufi pieni di conchiglie datate due milioni di anni, e incessantemente lavorati dai cavatori, per ascoltare proprio storie e suggerimenti antichi.
Quindi ascolto e poi approfondisco e leggo. E rifletto. Liberamente.
Ecco il testo della leggenda con una mia familiare interpolazione:

Riprendo alla lettera la versione più particolareggiata che ho trovato, e coincidente con quella raccontatami da bambino e ripetuta ieri sera dalla mia ospite

 

La leggenda di Nicola, l'amico dei pesci 


Nicola era l'ultimo di sette fratelli e viveva con la sua famiglia vicino all'azzurro mare di Messina.
Amava molto il mare e trascorreva molte ore immerso, alla ricerca di resti di città antichissime, di grotte piene di meravigliose fosforescenze, di distese di coralli, di lotte tra pesci giganti. Amava molto anche i pesci e non sopportava che i suoi fratelli ne portassero a casa delle ceste.
Questa sua passione infastidiva molto la sua famiglia soprattutto perché non collaborava con i suoi fratelli nella dura lotta per il pane e, quando arrivò a riportare in mare una murena che era ancora viva, la madre lo rimproverò aspramente, imprecando Iddio perché lo facesse diventare un pesce: il desiderio della donna fu subito esaudito e Cola diventò per metà uomo e per metà pesce.
Continuò a frequentare il mare, anzi escogitò un sistema che gli consentiva di fare lunghi viaggi senza fatica: si faceva ingoiare da grossi pesci e, quando decideva, apriva loro il ventre con un coltello e usciva fuori. In questo modo si trovava ad esplorare luoghi lontani e sempre nuovi.
Un giorno trovò nel fondo del mare il tesoro di un'antica nave affondata e ogni volta che saliva in superficie portava alcune monete, finché non lo ebbe recuperato tutto.
Questo lo rese così famoso che l'imperatore Federico decise di conoscerlo e metterlo alla prova: gettò una coppa d'oro in mare chiedendo a Cola di portargliela. Impresa da niente per il giovane. L'Imperatore fu così contento che gli regalò il prezioso oggetto e lo invitò a restare con Lui. Il re gettò allora la sua corona in un luogo più profondo, e Colapesce riuscì nuovamente nell'impresa.
Un giorno il sovrano fu preso dalla curiosità di conoscere come fosse fatto il fondo del mare e come vi fosse poggiata la Sicilia.
Cola s'immerse, stette via molto tempo e, quando tornò, riferì all'Imperatore che la Sicilia poggiava su tre colonne, due intatte e forti, l'altra, tra Catania e Messina, vacillante perché consumata dal fuoco.
Il sovrano pretese che Cola gli portasse un poco di quel fuoco per vederlo, ma il ragazzo gli fece notare che era impossibile portare il fuoco nelle mani. Questo rifiuto sdegnò l'Imperatore, il quale lo accusò di vigliaccheria, minacciando oscuri castighi.
Io paura? - rispose il giovane - vi porterò il fuoco, tanto una volta o l'altra, bisogna pur morire. Se vedrete salire alla superficie delle acque una macchia di sangue, vuol dire che non tornerò più.
Allora il re mise, per la terza volta, ancora alla prova Nicola gettando il suo anello in un posto ancora più profondo. (aggiunta mia).
Lui si gettò a capofitto nel mare, ma la gente che era lì ad attendere col cuore diviso tra la speranza e la paura vide apparire solo una macchia di sangue: Cola non tornò mai più.
Secondo alcuni egli è ancora in fondo al mare a sostenere la fragile colonna su cui poggia la Sicilia. Altri invece affermano che Cola tornerà sulla terra quando nessun uomo soffrirà più per dolore o per castighi.

Mio nonno, Giuseppe Caravita di Toritto, mi raccontò infatti la stessa leggenda ma mise l'accento (ricordo benissimo, anche se ero piccolo) sulla terza prova, quella del fuoco e dell'anello imperiale. E disse che Federico gettò l'anello nel mare sotto L'Etna, perchè voleva che Colapisci gli portasse insieme il mistero del fuoco.
Per aumentare il suo potere. E invece Colapisci si sposò con il pilastro di fuoco, divenne tutt'uno con lui, e con l'Anello del potere.
Ed è ancora là, 
Rex quondam et rex futurus (come Artù) per testimoniare e poi guidare l'affrancamento siciliano, e italiano, contro povertà e oppressione.
Anche auto-inflitta (la madre meschina che lo scaccia nel mare, di fronte alla sua non bastevole crudeltà contro le creature e l'ambiente marino, che invece lui amava).

Mia interpretazione della leggenda

 

 

Colapisci è un ragazzo eccezionale. Si inventa, come il Giona della Bibbia, il trasporto sottomarino nella pancia delle balene.
E' un'innovatore, pensa e agisce con la sua testa. E' fuori dal coro e dal gregge.
Esplora lo sconosciuto. Cerca, ricerca. Trova tesori dimenticati, diventa ricco con le risorse che il Padre-mare gli regala.
E diventa famoso.
Federico, l'eretico imperatore mezzo tedesco e mezzo normanno, lo scugnizzo indipendente di Palermo (come Cola) che apprese leggende e conoscenze profonde in strada - da cavalieri tedeschi, ebrei cabalisti, matematici arabi, geografi latini, cantastorie e poeti siciliani, navigatori scandinavi, cavalieri templari e umili chirurghi-combattenti Ospitalieri - volle conoscerlo.
Federico sapeva quindi molto, e anche della Via giusta. Fu scomunicato dal Papa proprio per questo. E impose al giovane eccezionale tre prove da Cavaliere.
La giusta conoscenza, il giusto spirito, il giusto agire.
La prima prova fu quindi quella del Calice d'oro, del Sang Graal, della conoscenza e tradizione risanatrice.
Colapisci lo riportò facilmente, l'aveva visto e appreso naturalmente dalla Madre profonda e lo fece suo. Con il Calice santo e la conoscenza profonda, il calice silenzioso e umile di forza e potenza.
Colapisci si immerge nel mare per capire come era fatta la Sicilia (e l'Italia). E nel mare scopre il fuoco , il potente calice di magma vulcanico, il terzo pilatro nascosto e che si consuma da tempo immemorabile.
Colapisci riporta questa conoscenza, davvero strana e inusuale per il 1200, a Federico.
(oltre 18mila chilometri quadrati di area magmatica circolare, tra Eolie, Vavilov, Marsili e Palinuro, un calice di potente magma della Madre a profondità di 500-3mila metri, davanti alla Sicilia).
La seconda prova, ancora più difficile, fu quella della corona imperiale, dello spirito radiante di Federico.
L'imperatore, che ne ebbe le gemme in dono dal Prete Gianni (il re nascosto del Mondo) la gettò in mare. E Colapisci percepì quello spirito potente nella corona, spirito di comprensione e benevolenza e indipendenza. Il solo che può governare il Mondo.
La individuò nel profondo dimenticato, e la riportò al sole e fu rimessa sulla testa del Potere. (la prova della Corona è la prova della Repubblica italiana di oggi, della sua legalità e della sua equità, e la gemma principale è la sua capacità, oggi in forse, di produrre futuro onesto, credibile e partecipato per tutti...).
La terza prova, quella decisiva, fu quella dell'azione. E della persistenza del potere.
Federico gettò l'anello del suo contratto col mondo, l'anello imperiale. Il suo testimone con il Re del Mondo.
Ma Colapisci non glielo riportò.
Federico infatti fu unico nella sua linea. Difatti il suo impero morì con lui. E il suo anello è quindi sepolto nel terzo pilastro...
Questo anello divenne tutt'uno col fuoco della terra. Con il vulcano, con la Madre attiva.
Federico voleva il segreto di quel fuoco. Per aumentare e perpetuare il suo potere.
Ma Colapisci non glielo diede, nè gli riportò l'anello del potere.
Non poteva, non è riportabile in superficie, gli spiegò. Era Federico invece che doveva immergersi nel mare della saggezza e del futuro.
Come fece l'umile pescatore Colapisci. Il popolo che sopravvive ai singoli.
L'anello di fuoco è quindi il futuro. Il nostro futuro. E' l'antico anello imperiale del grande imperatore Federico, europeo, siciliano, italiano, amico di cristiani e arabi... protettore degli indipendenti di ideali e di pensiero... protagonista di una stagione unica e tuttora ineguagliata per le genti del Sud Italia...
L'anello di fuoco lo vedete chiaramente qui, è impresso da milioni di anni sul fondo del nostro mare.
E la sua gemma potente è l'Etna.
Vale migliaia e migliaia di gigawatt termici, ed è qui da milioni di anni.
Ci salverà. Come Colapisci ben sapeva... e Colapisci decise per questo di dedicarvi il suo lavoro immortale. E paziente.
E' questo il vero, fisico anello di potere che scoprì Colapisci.
Nella leggenda di Colapisci c'è quindi incastonata una chiave, una cifra nascosta: un lavoro protettivo sottomarino senza fine.
La prima chiave è di una leggenda (probabilmente) del 1200, la seconda, più tecnica, è del 2007...
Ma quella cifra, quella chiave-anello, Federico non la potè avere... perchè, scugnizzo tedesco (e non mediterraneo), non sapeva (ancora) nuotare nel grande mare profondo. E nel 1200 non c'era la tecnologia e la scienza per mettere a frutto questo calice-corona-anello. Però questo calice-corona-anello di fuoco molti già lo conoscevano, e da millenni.
Per esempio i marinai siciliani, da tempi immemorabili alle prese con fenomeni vulcanici nelle loro rotte per le Eolie, tirreniche, nel canale di Sicilia, e intorno all'Etna...
Colapisci così regge oggi il pilastro di fuoco, che da pericolo (sismico) è divenuto fuoco protettivo. E' immortale nel suo bruciare continuo.
D'Amore per la Sicilia e l'Italia.
E' un Protettore.

Il messaggio nascosto, almeno per me, quindi è: il terzo pilastro, il pilastro circolare (anello, calice, corona), il pilastro di fuoco è la protezione immortale, il lavoro eterno di Colapisci.
Colapisci unisce nella leggenda passato e futuro, e li connette al fondo del mare, alla roccia (pilastro) e al fuoco....e alla protezione della sua gente, alla solidarietà e all'abnegazione. Speranza, pazienza e futuro della migliore cultura della gente del Sud (e oltre). E progetto per l'avvenire...
Silenziosa speranza e futuro certo. Come è certo che il calore e l'energia in fondo al mare non cesseranno.
Uomo umile di ubbidienza, di Concordia, di abnegazione e di sacrificio Colapisci. Concordia (difficile) tra di noi e tra noi e la natura.
Ma anche fuori da un certo potere, e da una certa Sicilia furba, gretta e incattivita, dai secoli. Italia Idem.
Colapisci è anche Cavaliere solitario, indipedente, eretico...
Uomo di gioventù, di indipendenza, di coraggio... esploratore della verità ardua e nascosta e poi protettore.
Colapisci è là sotto, come Falcone e Borsellino, che ci insegna la strada per uscire dall'anello vizioso del finto potere, del degrado della natura (nostra interiore e esterna), dell'economia come feticcio, della risultante povertà, del rincretinimento, del clientelismo, della sfiducia in noi stessi, del malessere, della depressione.
Colapisci è vivo. Ha otto secoli ma è vivo come il suo pilastro di fuoco. Vivo nella memoria della leggenda. Che si tramanda, nella sua poesia.
Come è vivo chi discende, e si ispira ancora a quelle idee nascoste del 1200. Idee di conoscenza, sviluppo interiore, comprensione, cura, azione.
Non è un relitto del passato quel mondo. E' anche ben vivo oggi, e qui. Dopo nove secoli. Come Colapisci.
E il suo messaggio alla superficie, la sua macchia rossa di sangue e di luce, probabilmente solare e a otto punte universali.
Il suo messaggio di sacrificio, di abnegazione e di speranza. Il suo giusto agire.
Perchè, da semplice pescatore, era di diritto divenuto Cavaliere del Graal, trovato in fondo al suo amato mare.
Iddio benedica tutti i Colapisci, passati, presenti e futuri....
Colapisci è vivo e lotta insieme a Noi.

 

 


Giuseppe Caravita
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