IL GIORNALE DELLA "DANTE

 

Il mistero di Colapesce - Racconto fantastico
di Alberto Moschella di cl. I A
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Pubblicato: 1 agosto 2009 da Monica Iori
Grafica aggiornata da colapisci.it


Il mistero di Colapesce

Sullo stretto di Messina lo Scirocco tirava in modo impetuoso. Le onde battevano con forza contro il traghetto e io affrontavo la tempesta che imperversava fra Scilla e Cariddi.
La mia mente ancora ripensava alle parole di quella lettera scritta in greco antico senza firma. Ormai ero arrivato, mancava poco alla riva ma… d’un tratto le acque si aprirono e Scilla e Cariddi uscirono portando con loro onde alte dieci metri: quella era la fine! Cariddi mi strappò dalla barca e Scilla mi rinchiuse nelle tenebre di una delle sue bocche.
Era molto strano, perché ero l’unico prigioniero e il terrore di essere digerito era sempre più forte. Ed ecco che il mostro aprì nuovamente la bocca e l’acqua mi centrò in pieno viso. Respiravo ancora, mi risollevai dal colpo.
Con sorpresa mi ritrovai davanti Colapesce.
Ormai coralli e scaglie avevano quasi del tutto preso possesso del suo corpo, vista la sua lunga permanenza nei fondali marini.
Dovete sapere che la leggenda narra che re Federico II volle mettere alla prova le sue abilità di marinaio; e allora gli diede delle missioni da svolgere.
La prima volta gettò una coppa nel mare e Colapesce tornò poco dopo a galla trionfante.
La seconda gettò la sua corona e Colapesce tornò dopo una giornata e gliela riportò, ma la terza gettò il suo anello e lui, tuffandosi, si accorse che una delle tre colonne che sorreggono la Sicilia, più precisamente quella sotto l’Etna, stava bruciando e allora tolse le macerie e si mise al posto della colonna e da quel momento non tornò più.

Questa era la prima volta che lasciava la sua posizione per andare a cercare aiuto. Quindi spalancò la sua enorme bocca e incominciò a parlare:
- Oh tu mortale, potresti farmi un favore?
E io:
- Che cosa?”
- Dovresti ritrovare l’anello che un tempo re Federico II mi mandò a cercare nel mare. Se tu lo ritroverai finalmente la mia anima potrà riposare in eterno -  disse.
- Non posso. Una persona misteriosa mi ha mandato un invito e devo subito recarmi sull’Etna - ribattei presuntuosamente.
-
Era mio quell’invito, ma adesso tocca a te decidere. Sappi, però, che se ci aiuterai ti premieremo con la spada di Perseo che stavi cercando
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Va bene. Ti aiuterò.

Mi incamminai alla ricerca, ma Colapesce riprese:
- Aspetta! Devi stare attento a Medusa, perché se lo prenderà lei ritornerà al potere come una volta; per combatterla usa il martello di Efesto che comparirà solo quando ne avrai bisogno, ma non guardare mai Medusa negli occhi altrimenti ti pietrificherà.
- Andrò lo stesso.

Dopo ben quattro giorni di cammino, trovai l’anello incastrato in mezzo a delle rocce, ma comparve improvvisamente il martello di Efesto, come aveva detto Colapesce: voleva dire solo una cosa, cioè che Medusa era lì e dopo un lungo combattimento agguerrito l’anello fu mio.
Lo portai a Colapesce e lui mi diede come promesso la spada di Perseo e il suo corpo scomparve in una magica combinazione di luci e ombre.
Al suo posto comparve una colonna intatta e tutto ritornò alla normalità.

Ancora oggi racconto ai miei figli, sottoforma di mito questa incredibile avventura…

 

 

Alberto Moschella
Scuola Dante
a.s. 2008/2009 - I A
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