Domenica 18 luglio 2004

Editoriali

Tuffi vietati a Napoli: disturbano l'industria del turismo


L'ultimo scugnizzo
Giovanni Ruggiero

 

In una foto pubblicata dai giornali, lo scugnizzo è ritratto sospeso nell'aria, pronto a piombare nel mare a due metri sotto di lui. L'immagine ferma per un attimo lo scorrere di un'esistenza: è proprio il momento impercettibile in cui il fanciullo sembra immobile nell'aria, eppure pronto ad immergersi facendo alzare spruzzi e schiuma d'acqua.
Ecco l'attimo di felicità.
Ricorda il "tuffatore" di Paestum ritratto nell'affresco lì conservato.

Da oggi questi attimi felici sono proibiti.
A Napoli c'è un allarme "scugnizzi" lanciato da una compagnia di navigazione impegnata nei collegamenti con le isole di Capri e di Ischia dal pontile di Mergellina. La compagnia spiega che è un grave problema: "Frotte di ragazzini disturbano, dalla mattina alla sera, lo sbarco e l'imbarco dei passeggeri diretti alle isole del Golfo".
Bel problema: questi ragazzini sono come i corvi, le cornacchie e gli altri uccelli che sulle piste degli aeroporti compromettono la sicurezza dei voli. Con un'"aggravante": i ragazzini non potrebbero essere presi neppure a schioppettate. Almeno si spera.
"Vi sono in questa vicenda - prosegue la nota lamentosa della compagnia - carenze e responsabilità di varia natura".
Verissimo: prima di tutti sono colpevoli coloro che hanno privato del mare i ragazzini. I nostri figli, anche quelli non ancora nati, erediteranno da noi un mare inquinato. Ora agli scugnizzi vogliamo scippare perfino il mare.
"Il mare non bagna Napoli": non sappiamo se è vero quanto asseriva l'Ortese. Di certo non rinfresca più gli scugnizzi.

Quel ragazzino sospeso a mezz'aria nel suo attimo fuggente di felicità, insieme ai suoi compagni che compongono la "frotta" (meglio sarebbe stato definirla "'na maniata"), in questo momento sono gli ultimi scugnizzi. Anche se ci stanno da sempre, con i loro sogni e la loro povertà, e anche il loro eroismo.
Agli scugnizzi dell'ultima guerra - ad esempio - Napoli ha dedicato un monumento.
La "battaglia" odierna contro i mini-tuffatori potrà benissimo essere giustificata nell'interesse della prima industria della regione, per usare i termini della compagnia, e probabilmente questo accadrà senza tanti rimorsi.

Provate, però, a raccontarlo voi a questi ragazzini la storia della "prima industria" della regione. "Uagliù, date una mano". E ditegli anche che il mare che hanno di fronte non gli appartiene; che non è ovvio scendere dagli angusti vicoli dei Quartieri o di Spaccanapoli, o peggio venire dalla più degradata periferia, in un luminoso mattino d'estate per tuffarsi nel mare che è di tutti e di nessuno e, dunque, è anche loro.

Ognuno di questi ragazzini è un piccolo Colapesce.
Non conoscete la storia di Nicola, soprannominato Pesce? È una vicenda che risale a quando c'era il "Cippo a Forcella", cioè da tempo immemorabile, indietro, ma molto indietro nei secoli, quando i fatti si confondono con la leggenda.
Nicola - cosa credete? - era proprio come uno di questi piccoli delfini: un "piscitiello", dunque, che ogni mattina partiva dal suo basso e si tuffava nel mare di Mergellina.
Non c'era verso di trattenerlo, e la mamma era disperata. "Devi diventare come un pesce!", disse un mattino la donna, certamente in una bonaria maledizione.
Nicola diventò davvero pesce e, da quel giorno si chiamò Colapesce. Gli spuntarono le pinne e le squame sul corpo ancora di bambino; e se ne stava, pure lui, dalla mattina alla sera, in acqua. Con grandi bracciate arrivava a Ischia, sotto i Faraglioni.
Pare che oggi sia il terzo pilastro che nel profondo del mare sorregge quella grande isola triangolare che è la Sicilia. Se non ci credete, andate a controllare.

A Napoli - ma stiamo parlando ancora di quando c'era il "Cippo a Forcella" - viveva un uomo che, avendo i mezzi economici e perfino una compagnia di navigazione, sarebbe stato capace di imbarcare su una delle sue meravigliose navi tutta questa "maniata" di ragazzini, e portarseli sul mare azzurro, su e giù, da Ischia ai Faraglioni.
Nessuna nostalgia per questo Comandante, ma per Colapesce davvero tanta.



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