Colapesce nella Letteratura spagnola

Les Hombres peces
Gli uomini Pesce

Il tema dell'uomo marino o pesce con aspetto umano è molto trattato nella letteratura spagnola e le molte varianti hanno in comune caratteristiche affini.
Questi tritoni sono mostri marini con la forma umana e
Fuente la Peña, nel 1676, assicura che se ne sono avvistati molti nell'oceano, ma già prima, nel 1525 a Cadiz in Portogallo, si erano avuti avvistamenti.
Questo autore afferma che
Belonio, Mayolo e Teodoro de Gaza, al pari di altri scrittori in castellano e tra di loro si distinguono Nieremberg, Pedro Mártir, Pedro de Sevilla e Pedro Gil, trattano di questo prodigioso uomo.
Vi è un'ampia tradizione di prodigiosi anfibi di apparenza umana che ben presto viene raccolta in singoli documenti.

Nel 1608, a Barcellona, Sebastián de Cormellas stampa una relazione che racconta l'apparizione del pesce Nicolao, una specie di tritone il cui aspetto richiama quello descritto da Plinio.
Nel documento si indica che si tratta di
"un mezzo uomo e mezzo pesce" apparso "di nuovo nel mare", circostanza molto significativa perché allude a tutta una tradizione di apparizioni testimoniata da diverse fonti.
Tutto indica che il pesce Nicolao "nacque nella città di Rota, a 2 leghe da Cádiz".
Nato e cresciuto come un bambino normale, a 10 anni aveva il vizio di stare sempre in acqua, spinto dal desiderio di sapere quanto fosse grande il mare. 
Suo padre non potendolo dissuadere, in preda alla disperazione,  lo maledì che potesse starsene per sempre nell'acqua, visto che gli piaceva tanto, e che morisse se niente poteva sostituire il mare.
Appena il padre finì di pronunciare la maledizione, Nicolao (o
Nicolas) si trasformò in un pesce spaventoso, perdendo per almeno la metà la sembianza umana. Si immerse nelle profondità e passò laggiù un anno e mezzo prima di tornare a farsi vedere da suo padre.
A partire da questa prima immersione veniva sulla terra ferma con molta frequenza per fare drelle visite, però...

Mai esce dall'acqua
la maggior parte del corpo,
che come qualsiasi pesce
muore se dall'acqua esce

Seguendo la storia, si arriva alle sbalorditive avventure dell'uomo pesce, che dedicandosi all'esplorazione di una caverna sottomarina a Rota, rimase per 5 anni sotto la superficie del mare.
Raccontò, al suo ritorno, di aver visto un mare nuovo, non navigato e  che si stende fino alle sponde del Giordano, in cui i pesci non si mangiano l'uno con l'altro nè invecchiano. 
La grotta è pure il luogo in cui il protagonista entra in contatto con la conoscenza dell'occulto e in cui si converte all'iniziazione
Risalito in superficie, Nicolao entra in possesso di nuovi poteri e di saggezza.  
E' un tipo di esperienza che si ripete in altri racconti, spesso si tratta di mondi strani e ostili che l'ignoranza o il timore hanno aiutato a costruire, fino a dare forme plausibili a cose conosciute fino a quel momento come imperfette.

Prima dell'altro mondo la domanda è sempre la stessa: come giungere ad esso? e soprattutto: come ritornare e raccontare agli altri ciò che si è visto?
Nè del paradiso nè dell'inferno l'uomo può tornare perché è mortale; è indiscutibile che solo gli esseri superiori agli uomini possono intraprendere tale singolare viaggio per ottenere la conoscenza che laggiù si nasconde.
Ebbene, il pesce Nicolao è uno di questi esseri capaci di giungere per vie abissali e  per la  vastissima caverna nientemeno che al fiume Giordano, per incontrarsi con un mondo che è il perfetto contrario di tutto ciò che avviene nei mari conosciuti e pieni di pericoli.
Questa specie di tritone diventa esperto di strade marine, conosce le più sicure e mette al servizio dei naviganti la sua esperienza nautica con il fine di farli viaggiare senza pericoli.

E' Benito Jerónimo Feijoo (1676-1764) che entra con maggior con maggior profondità nella leggenda dell'anfibio Nicolao, già conosciuto a Catania come "Pesce Cola", portentoso nuotatore e pescatore di ostriche e coralli.
Questo storia circolava, tuttavia, verso la fine del secolo XVII, Feijoo la conosceva bene, ma probabilmente non gli dava molto credito, però prese in considerazione una notizia di cui si cui si era convito della fondatezza: la scoperta del nuotatore straordinario
Francisco de la Vega, conosciuto come l'anfibio di Liérganes (attuale Cantabria).
Il  convincimento che fossero vere le storie degli uomini pesce lo spinse a studiare a fondo il Pesce Nicolao e a cercare le origini della leggenda di questo
"anfibio pensante".

Feijoo afferma che Nicolao passava giorni interi in alto mare, fin quando gli successe una disgrazia durante una pericolosa immersione nella corrente di Cariddi, presso Capo faro, quando il Federico re di Napoli e di Sicilia gli chiese una prova di abilità e di resistenza.
Salito trionfante dalla prima immersione, Pesce Nicolao riscattò la coppa d'oro gettata in mare dal re e informò questi della forma delle grotte marine e dei vari mostri acquatici che si annidavano in esse, però nella seconda immersione, quando la ricompensa alla sua bravura sarebbe stata migliore, sparì per sempre in quella che è diventa la sua tomba.

La leggenda del Pesce Nicola aveva parecchie varianti prima di giungere in Spagna, insolite nella testimonianza di fatti prodigiosi riportate dalle cronache.
Feijoo, nella sua gioventù, si dedicò alla lettura delle varie versioni spagnole e talvolta qualcuna italiana, tutte molto somiglianti a quelle del foglio citato sopra, in cui si tratta della mutazione in pesce per causa di una maledizione materna, del mezzo corpo a forma di pesce, della nascita e crescita a Cadiz, etc.

Secondo Pedro Mexia, nativo di Siviglia e autore di Silva de varia lección, questo meraviglioso tritone era parte della tradizione spagnola, specialmente in Andalusia Occidentale, già da epoca antica e le donne anziane raccontavano ancora delle avventure di un pesce chiamato Nicolao.
Mexia riconosce che le somiglianze di queste storie non li considerava veritiere, fino a quando non lesse i libri di
Joviano Pontano (1426-1503), Alexandro de Alexandro (1461-1523) e altri umanisti italiani e allora comincò a dare ad esse  massima importanza, anche come esempio di come la cultura dei libri si potesse rapportare  alla tradizione orale.
Pedro Mexia deve essere stato convinto dalla descrizione di quel
Pesce Colan di Catania, che aveva la dote naturale di nuotare senza sosta nel mare, compreso i giorni di tempesta.
L'equipaggio delle barche, che lo incontrava in qualche parte del mare, gli dava da mangiare chiedendo in cambio di portare messaggi a terra.  
Feijo conosce molto bene l'opera di Mexia, apparsa più di un secolo prima, e giudica credibile il riferimento al
Pesce Nicolao.
La leggenda prende nuova forza quando dei pescatori catturano, nel 1679, uno
strano nuotatore con forma umana, nella baia di Cadiz. Non sembrava un mostro, al di là di avere la pelle squamosa in buona parte del corpo,  non parlava alcuna  lingua conosciuta ed aveva la sembianza di un "uomo pensante".
Quell'essere fu portato al convento di San Francesco, in cui dopo un giorno pronunciò la parola "
Liérganes", che sentita da un ragazzo nativo di questa località permise di sapere che corrispondeva ad un luogo situato a due leghe da Santader.
Qui comincia l'identificazione che Feijoo fa di Pesce Nicolao con l'
hombre-pez di Liérganes e che lo porta ad affermare che i personaggi, sono il medesimo "racional anfibio" citato da Mexìa.
Un segretario dell'Inquisizione, che era anche di Lierganes, scrisse ad un suo conoscente a Santader, che quel fantastico essere di Cadiz poteva ben identificarsi con il ragazzo che era sparito quattro anni prima nella spiaggia di Bilbao, figlio di Maria del Casa e di padre defunto, il cui nome era Francisco de la Vega.

Il francescano Juan Rosende non tardò a mettersi in cammino per altri affari, nel 1680, accettando di portare con sè quello strano ragazzo squamoso fino a Santader.
Una volta giunto laggiù non ebbe dubbio, provò che si trattasse di Francisco de la Vega, in quanto il ragazzo conobbe il cammino per casa sua e si fermò di fronte alla porta.

L'unico fatto spiacevole fu quello di essere riconosciuto dalla sua famiglia e abbracciato da sua madre e dai suoi fratelli; Francisco non espresse alcunché  e resto impalato. I suoi parenti raccontarono che quel ragazzo stava nella città di Bilbao dal 1674 per apprendere il mestiere di carpentiere e che quando andò a farsi un bagno con i suoi compagni scomparve dalla riva.
Ritornando a Lierganes, 5 anni dopo, tutti si spaventarono al vederlo con le
squame e le spine fino alla noce dello stomaco.
Feijoo
si dichiara sicuro che la maledizione di sua madre non fu giammai pronunciata e che la leggenda popolare aveva torto per questa cosa e che la mutazione di Francisco in uomo marino fu dovuto ad un processo naturale.
Questo aspetto dimostra la forza che aveva la leggenda di pesce Nicolao, una credenza indiscutibile per tutti, incluso Feijoo, che sempre si chiese quali fossero stati le peregrinazioni marittime del protagonista della storia, in quale luogo andò a finire, perché il curioso personaggio sparì misteriosamente 9 anni più tardi e mai più si ebbero notizie di lui.

Secondo Caro Baroja, che investigò molto su l'uomo pesce di Lierganes e consultò Feijoo, questa storia deve appartenere ad un ciclo di narrazioni nelle quali si spiega quanto pericoloso può essere esporsi alle maledizioni  o infrangere una proibizione, affermazione che si adatta molto bene al documento  di cui sopra e di cui cui Caro Baroja non aveva avuto possibilità di consultazione.

Anche Antonio de Fuente la  Peña ha la sua interpretazione su i tritoni e pensa che i  pesci con figura umana non possono essere uomini veri, e lo stesso deve considerarsi per il pesce monaco o il pesce vescovo, chiamati così per le loro somiglianze con l'abbigliamento religioso.
Non ha dubbi che
il pesce incontrato nel mare di Liorna, in Italia, sia  un sirenide, che viene descritto in un documento valenciano del 1679.
La fattura della stampa non è molto buona, non si distingue bene che la faccia era di uomo.

Fuente la Peña cita parecchi casi di apparizioni di donne marine, una in Trisia nel 1600, e un'altra, che qualche cronista interpretò sul momento come una sirena e non come una nereide, catturata in un lago dell'Olanda nel 1403, che dopo risultò essere tanto intelligente da imparare a filare e a fare altri mestieri. 
Fu durante il medio evo che si svilupparono e diedero per certe molte storie che avevano per protagonisti esseri mostruosi, alcuni dei quali furono presi in considerazione dalla letteratura del secolo d'oro.

Olao Magno è poco chiaro quando scrive sui pesci con figura umana, però attribuisce loro un carattere pacifico, grande stazza, intelligenza e curiosità innata, fa notare la grande solidarietà che vi è fra i membri della loro specie e l'insolito atteggiamento triste che assumono quando vengono catturati dagli uomini.

Juan Eusebio Nieremberg cita anche la falsa naturalezza umana dei tritoni, e raccoglie notizie antiche e moderne su di loro, persino sull'avvistamento in Portogallo di un tritone che usciva dal mare soffiando in una conchiglia, forse in epoca romana, e su un altro fatto successo nelle vicinanze di Roma nel 1523. 
Raccolse, anche,  notizie  giunte  dalle Indie Occidentali e  riguardanti storie simili.

Il travaso di informazioni di libri e documenti sviluppa anche la letteratura relativa ad  altri tipi di anfibi marini.
Nel 1624
Diego Ortiz de la Fuente rilascia un documento  in cui tratta di questi esseri prodigiosi. 
Dopo una
presentazione dei vari casi segnalati in precedenza e nell'antichità, cita espressamente Jan Botero nella sua Relaciones Universales, in cui racconta la storia di una donna marina, nuda e muta, e di un mostro marino somigliante ad un vescovo.
Nel documento sono pure riportati altri prodigiosi precedenti riportati da un'opera del Padre Acosta.

 

Libera traduzione da
La Caverna di Platone

     

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