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La porta della Sicilia


Messina

La Sicilia è l’ombelico del Mediterraneo, del Mare Nostrum e quindi è l’ombelico del Mondo civile occidentale.
Messina è geograficamente la porta della Sicilia, così viene chiamata in numerosi depliants turistici; per questo il cognome La Porta è parecchio diffuso in città.
Da questa bellissima porta sono entrati i vincitori e fuggiti gli sconfitti di tutte le più importanti civiltà del passato; sulle acque dello Stretto, nel tempo, è passato un po' di tutto, dalle navi fenicie a quelle greche, dalle triremi romane che andavano a farsi bruciare a Siracusa alle navi bizantine, dalle navi dei pirati saraceni a quelle normanne o sveve che trasportavano papi, imperatori, re, principi, vassalli, "vassallini” e “vassalletti”, dai galeoni spagnoli alle navi borboniche o a quelle garibaldine.
Su queste acque è passata la Storia del cosiddetto mondo civile, dalle navi cariche di opere d’arte a quelle cariche di grano, olio, pescestocco, pirati, garibaldini, gangsters, mafiosi, ministri, ecc., dalle zattere dei primi indigeni ai famosi Ferrubbòtti, dalle navi da guerra alle inquinanti petroliere che, da quando è stata separata l’Africa, solcano questo mare come fosse un’autostrada.


Messina

I siciliani, nei Secula "Siculorum", hanno saputo filtrare quanto di buono è passato da queste terre, arricchendosi nella cultura e nello spirito di elementi che, opportunamente proporzionati e fusi, hanno dato luogo ad una lega meravigliosa con speciali proprietà di resistenza, inossidabilità, tenacia ed anche dolcezza, che non possono trovarsi assieme in nessun’altra lega, sia essa lombarda, veneta o di Quel Paese.
La bellissima immagine del siciliano inteso come lega di metalli preziosi è dello scrittore Biagio Pace.
Ce n’è un’altra, disegnata sulla copertina di un libro scritto da alunni messinesi, che mi ha particolarmente colpito e che raffigura il siciliano come una quercia che affonda molte lunghe radici in un terreno fertile ed ogni radice ha il nome di una civiltà: sicana, sicula, fenicia, greca, romana, bizantina, araba, normanna, sveva, angioina, spagnola, borbonica, sabauda. 

Inevitabilmente però anche qualcosa di cattivo di queste civiltà è rimasto, poiché non esiste un filtro perfetto. 
Come avviene per qualsiasi fusione, anche di metalli nobili, in superficie rimangono sempre le scorie, e, se chi deve descriverne le caratteristiche si sofferma solo su queste dimenticando quanto di prezioso vi si trovi sotto, si ottiene quel risultato negativo che purtroppo si è consolidato nel tempo.
Il siciliano, per molti non siciliani, non è altro che mafioso, passionale, geloso, ignorante, basso, peloso, con i baffi e le sopracciglia folte, ha la coppola e magari lo si immagina mentre tornando a casa su un variopinto carretto per strade polverose, suona il marranzano e pensa di uccidere la moglie "bottàna".
Ebbene, vi posso garantire che la razza bassa, pelosa, con i baffi e le sopracciglia folte, forse anche per merito degli omogeneizzati, è in via di estinzione; la coppola, il marranzano ed i bellissimi carretti sono ormai pezzi di antiquariato; il catrame purtroppo ha invaso quasi tutte le strade polverose; le mogli bottàne, la passionalità e la gelosia non sono più una esclusività siciliana ma si ritrovano da tutte le parti. Rimane soltanto il mafioso e l’ignorante.
Ma è assolutamente da ignoranti dare dell’ignorante al siciliano, derivato, come abbiamo visto, da quel miscuglio di razze e culture che non ha avuto eguali, forse, in tutto il mondo.
L’italiano, con la sua genialità ed i suoi bagagli culturali ed artistici, ha sempre influenzato la storia dell’intera umanità; molti di questi bagagli e gran parte di genio sono partiti però dalla Trinacria.
I siciliani sono stati i primi ad usare l’alfabeto, introdotto da quei fenici che poi scomparvero; sono stati i primi a conoscere il gusto del bello e l’amore per il mare ereditati dai greci.
Filosofia, scienze ed arte, in tutte le sue forme: scultura, architettura, teatro, ecc., hanno avuto la culla in questa terra da sogno.


Messina

Dopo l’alfabeto anche i numeri sono partiti da qua, importati dagli arabi, dalla cui lontana e molto diversa cultura abbiamo saputo imparare prima, ed insegnare dopo, matematica, astronomia, gastronomia, agricoltura e chissà quante altre cose ancora. 
Alla corte sveva di Federico II°, con la sua “Scuola poetica” si buttarono le basi della lingua italiana, come diceva lo stesso Dante che poi la riprese, la elaborò e la lanciò sul mercato.
Siciliani sono stati la metà dei premi Nobel per la letteratura, e di quale spessore culturale: Pirandello, Verga e Quasimodo! Se ogni regione ne avesse prodotti tre, a quest’ora l’Italia ne avrebbe avuti sessanta! 
In questa terra sono nati filosofi, scienziati, artisti, musicisti, papi, santi, molto prima ancora che spuntassero all’orizzonte i primi Lanzichenecchi che scesero a valanga per l’Engadina; vi sono nati anche comuni mortali che però hanno sempre mantenuto le proprie caratteristiche predominanti di orgoglio, saggezza ed intelligenza ereditati dai vari geni precedenti.

Ed anche l’analfabeta, il semplice contadino, chi non ha potuto frequentare le scuole, è sempre ricco di una enorme cultura popolare fatta di una miriade di vocaboli, proverbi e motti, tramandati oralmente, che ne fanno persone comunque sagge e sapienti.
Una delle risorse più rilevanti della Sicilia, ancora oggi, è l’esportazione di cultura, difatti, anche per la cronica mancanza di lavoro, i nostri laureati da molto tempo trasmettono le loro conoscenze a quelle generazioni del Nord dove qualcuno, che non sta attento alle lezioni, ancora crede che campanilismo significhi occupare i campanili più belli con uso di carri armati.

In Sicilia è nata la pasta prima ancora che Marco Polo portasse dalla Cina i capellini di soia attribuendosi il merito di aver importato gli spaghetti, che nonostante non siano un argomento estremamente culturale, hanno contribuito assieme a O sole mio ed a Volare a dare una pur pallida idea di quello che è il genio italiano.


Itala

In Sicilia è nato il nome stesso di Italia; degli 8103 comuni italiani, uno solo ha il piacere di chiamarsi Itala, e si trova sulla costa ionica messinese.
Secondo alcuni storici autorevoli, la sua origine etimologica risale a Vitulia o Terra dei vitelli; quei vitelli sacri al dio Sole che venivano allevati sulle due sponde dello Stretto.
Il culto al dio Sole qui persiste ancora, reverenzialmente noi non osiamo mai guardarlo in faccia, mentre ad esempio in Padania è consentito, anche se noi, per giustizia, dovremmo pagare il canone di un mondo a colori, mentre da loro sarebbe sufficiente quello in bianco e nero.

È rimasto solo lo schifosissimo aggettivo qualificativo di mafioso, che ho volutamente lasciato per ultimo, in quanto la mafia è scoria e come tutte le scorie deve essere eliminata.
Non è una gran consolazione vedere che adesso la mafia si è espansa in tutto il mondo, da quella di Roma ladrona a quella cinese, dalla russa a quella più tristemente famosa americana, ma a qualsiasi parallelo la si ritrovi è sempre scoria, sottoprodotto.
Messina ha un pregio, quello di essere considerata una provincia “babba(scema), assieme a Siracusa ed a qualche altra, dove più raramente avvengono episodi malavitosi di un certo clamore.
Ma se “babba” è una città in cui scorre poco sangue innocente ed in cui non prevale solo chi vigliaccamente usa ed abusa del terrore, del potere, del ricatto e della forza delle armi, allora io vorrei che la mia città diventasse ancora più completamente babba assieme a tutte le altre.

Di due sole cose posso vantarmi personalmente: di essere siciliano e di mio figlio, anche se sono onestamente convinto che sia mio figlio che la Sicilia hanno ancora molto da imparare e da migliorare.


Sicilia
 

 

Uccio, 'u galatotu

   

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